Enrico Lagattolla
da Milano
Come previsto, è «messa alla prova». Poco dopo le 18 arriva la decisione del giudice per le udienze preliminari del Tribunale minorile di Milano Anna Poli, che accoglie la richiesta del procuratore della Repubblica Giovanni Ingrascì, pubblica accusa nel processo. I cinque ragazzi che nella notte tra il 16 e il 17 ottobre scorso allagarono il Liceo classico Parini per evitare il compito di greco saranno affidati per un anno ai servizi sociali. Così «ripareranno al loro gesto».
Si chiude la camera di consiglio, durata oltre due ore. Ingrascì esce dal tribunale. «Sono molto soddisfatto». «A unazione antisociale molto grave - commenta il procuratore - corrisponde una risposta da parte della giustizia minorile che chiederà ai ragazzi di riparare allo strappo con la collettività attraverso un grosso impegno».
Si dice ottimista, Ingrascì. «Le famiglie li sostengono bene e le prospettive sono decisamente incoraggianti. La difesa - continua il pm - pretendeva un periodo di messa in prova minore, ma il giudice ha accolto la mia richiesta».
In base alla decisione del gup, dunque, il processo sarà sospeso per dodici mesi, al termine dei quali si terrà unudienza di valutazione davanti al giudice. E se il percorso riabilitativo darà esito positivo, il reato sarà considerato estinto. In caso contrario, si procederà con la condanna prevista per i reati di danneggiamento aggravato e interruzione di pubblico servizio.
Questi, infatti, i capi dimputazione per i cinque figli della «Milano bene», che entrarono nel prestigioso liceo con colla e nastro adesivo, nascosti da sciarpe per paura delle telecamere, aprirono una ventina di rubinetti, tapparono gli scarichi e provocarono lallagamento. Lacqua, fuoriuscita per almeno trentasei ore, provocò la caduta degli intonaci al punto da far dichiarare listituto «inagibile e pericoloso». Totale, Parini chiuso per settimane, danni per 220mila euro, studenti costretti ai doppi turni. «Vandali ignoti», si disse in principio. Poi i responsabili - tre ragazze e due ragazzi - si presentarono direttamente dal preside il 21 ottobre. «Volevamo solo ritardare il compito di due o tre ore. Siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità». Rei-confessi. Nel consiglio di classe del 9 novembre, infine, si decise la loro sospensione per quindici giorni.
«Non hanno valutato le conseguenze del loro gesto». Le parole di uno dei genitori presenti in aula. Che condanna lepisodio, ma invita a non creare «mostri». «Dopo quanto successo ci hanno trattato come appestati. Ci siamo rivolti a quattro licei per chiedere di accettare i nostri figli. Ci hanno sbattuto la porta in faccia». Così i cinque tornarono al Parini. Stesso liceo, stessa classe. Alla fine dellanno, promossi. Perché «bisogna distinguere tra danno ed errore», prosegue il genitore. «Dallerrore si cresce, può essere unopportunità».
«Hanno capito perfettamente quello che hanno fatto», dice il procuratore, che aveva definito lepisodio come «la grande avventura trasgressiva di cinque adolescenti sempre alla ricerca della propria identità».
Resta ancora da stabilire come i ragazzi impiegheranno questa «messa alla prova». «Allinterno della scuola, nellambito dellassistenza e della protezione civile», anticipa Ingrascì, che valuta positivamente lesperienza dei mesi passati, in cui i ragazzi si sono dimostrati «molto disponibili». «Hanno alle spalle delle famiglie che li sostengono molto bene - prosegue -, la messa alla prova è molto importante perché possiede un contenuto riparativo».
Dunque, lavori socialmente utili per tutti, da individuare in base alle personalità di ciascuno e considerando anche le loro stesse proposte. Prossima tappa, il 15 novembre, per unudienza di verifica. Poi ancora otto mesi di prova, fino al luglio 2006.
Mezzora dopo le 18. I ragazzi escono dal Tribunale per i minori, con loro i genitori. Nessuno, al momento, ha voglia di commentare. Ma «hanno reagito bene», dice Ingrascì.
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