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Ma il varo di un esercito unificato è oggi un progetto irrealizzabile

Un esercito europeo, alla cui realizzazione attribuire la massima priorità, questa è la proposta che la cancelliera tedesco Angela Merkel ha lanciato quale presidente dell’Unione Europea. Ma si tratta di una iniziativa velleitaria, che non ha suscitato entusiasmo nelle capitali e che anche nella stessa Germania è stata accolta con scetticismo, soprattutto negli ambienti militari che vedono in questa proposta la volontà politica di ridurre la rilevanza della Nato. Ma la costituzione di un vero esercito europeo pienamente integrato a livello di struttura di comando, ordinamento, dottrina e impiego operativo non è un obiettivo ragionevole neanche nel medio termine.
Anche ammesso che esistesse il consenso degli Stati nazionali, un esercito europeo non avrebbe alcun valore in assenza di un accordo costituzionale e di un governo federale che ne legittimi e ne consenta praticamente l’utilizzo. Una semplice politica estera e di sicurezza comune, peraltro ancora da venire, non sarebbe sufficiente.
Ecco perché gli Stati membri dell’Unione Eiropea, soprattutto quelli che hanno effettive capacità militari indipendenti e sono pronti a utilizzarle, non pensano affatto a rinunciarvi. Perché l’esercito europeo comporterebbe la specializzazione dei contributi nazionali e la fine degli eserciti indipendenti con capacità complete. È il caso della Francia e della Gran Bretagna, che poi sono gli unici Paesi europei dotati di un deterrente nucleare. E l’Europa, Germania in testa, non vuole aver nulla a che fare con lo “scudo” nucleare.
Va anche notato che tutte le volte in cui l’Europa ha l’opportunità di intervenire militarmente come tale, finisce invece per procedere in ordine sparso: basti pensare a quanto è avvenuto in Libano. Già oggi l’Unione Europea ha strumenti militari, a partire dai battle groups ad alta prontezza, in grado di svolgere missioni che nessuno si sognerebbe mai di avviare.
Tuttavia qualcosa si può fare per rendere più efficiente la macchina militare europea in attesa che i governi decidano se vogliono passare dall’unione economica a quella politica. Si può ad esempio integrare l’investimento per la ricerca e sviluppo, istituendo fondi europei almeno equivalenti a quelli dedicati alla ricerca aeronautica “civile”, si può procedere all’acquisizione unificata di nuovi sistemi ed equipaggiamenti, dando un significato a quella agenzia europea della difesa che per ora è solo l’ennesima scatola burocratica, si può aprire il mercato della difesa alla concorrenza, si può continuare a costruire quelle capacità militari critiche teorizzate con gli Headline Goals e che in larga misura ancora mancano.
Con i piccoli passi non si arriverà certo all’esercito europeo di cui parla la signora Merkel, ma almeno si otterrà una maggiore capacità a parità di spesa.

E questo sarebbe già un grande risultato.

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