Roma - «Sui diritti umani si gioca al ribasso». È critico il giudizio che il segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha pronunciato ieri ai microfoni di Radio Vaticana, commentando l’approvazione definitiva - da parte del Consiglio dei ministri - dei decreti legislativi in materia di riconoscimento e revoca della qualifica di rifugiato e di diritto al ricongiungimento familiare.
Marchetto, che già in passato aveva espresso riserve su alcune delle norme proposte dal nuovo governo su questo argomento, ha detto: «È in corso in Europa una riflessione al fine di conseguire una politica comune in relazione ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Purtroppo la tendenza è al ribasso rispetto agli impegni internazionali a suo tempo assunti in favore della protezione di persone perseguitate, e i cui diritti umani non sono stati rispettati». «Mi pare - ha aggiunto il prelato incaricato di occuparsi dei migranti e degli itineranti - che l’ultima seduta del Consiglio dei ministri va in questa stessa tendenza al ribasso». L’arcivescovo ammette che «le decisioni avrebbero potuto essere peggiori, stando al giudizio dell'alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati», ma si chiede se vi sia «per questo motivo per rallegrarsi», rispondendo: «Non direi proprio». «Vi è in effetti - continua Marchetto - una stretta sull’asilo e la giustificazione portata non regge. Anche dovendo ammettere che i flussi misti di richiedenti asilo e di migranti porta complicazioni per i governanti». Dunque la Santa Sede riconosce l’esistenza del problema di governare flussi migratori sempre più consistenti e di riconoscere e distinguere tra coloro che arrivano quanti hanno diritto all’asilo politico.
Ad una domanda della Radio Vaticana sulla «stretta» che c’è stata anche «per i ricongiungimenti familiari, che da sempre stanno a cuore al Papa e alla Chiesa», monsignor Marchetto ha risposto: «Che dire? Siamo sempre più lontani, e non solo nel tempo, dallo spirito della lettera di quei diritti umani che trovarono possibilità di essere espressi perché si proveniva forse dagli orrori di una guerra mondiale». Il Pontificio consiglio per gli itineranti ritiene che l’immigrato regolare che lavora in Italia abbia diritto a far giungere nel nostro Paese la sua famiglia.
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