Così Diddi rivelava alla Chaouqui i segreti sul processo Becciu

Le nuove rivelazioni del "Domani" inguaiano il Promotore di Giustizia che avrebbe violato il segreto sulle indagini. Si muove la Procura di Roma?

Così Diddi rivelava alla Chaouqui i segreti sul processo Becciu

Il Papa è stato ingannato su monsignor Angelo Becciu? La Procura di Roma che cosa farà? Continua sul «Domani» la pubblicazione di alcune conversazioni tra le due donne che avrebbero imbeccato il supertestimone nel processo all’ex Sostituto della Segreteria di Stato. Sono le chat messe a disposizione da Genoveffa Ciferri detta Genevieve, grande amica del monsignor Alberto Perlasca che di Becciu era collaboratore con la strettissima collaboratrice del Papa Francesca Immacolata Chaouqui. Parlano del memoriale che Perlasca si è falsamente autoattribuito e che contiene tutte le accuse contro Becciu, condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato (senza essersi messo in tasca un centesimo) per i fondi del Vaticano e l’acquisto di un palazzo londinese a Sloane Square. Di questa versione di comodo si sono accorti i legali di Raffaele Mincione, broker infangato dal processo e scagionato da un tribunale londinese, che si sono rivolti all’Onu portando la copia forense autenticata di queste e altre conversazioni che ha fornito loro la stessa Ciferri.

La prima parte di queste chat è disponibile anche sul Giornale, il tenore delle altre conversazioni non si discosta molto da una verità agghiacciante: le due donne si sarebbero messe d’accordo con il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi per «salvare» Perlasca in cambio di prove probabilmente farlocche contro Becciu. «Erano ad un punto morto. Senza di te col ca*** che si faceva l’inchiesta. Siamo seri», dice la Chaouqui, avvelenata con il monsignore che non l’avrebbe difesa a sufficienza nel processo Vatileaks nel quale è stata condannata assieme al direttore del «Domani» Emiliano Fittipaldi per la rivelazione di alcuni documenti segreti. Chi glieli abbia dati non si è mai saputo. Ma ciò che emerge è una strettissima relazione tra la Chaouqui e Alessandro Diddi, sia per la mole di informazioni privilegiate sulle indagini e sulle mosse processuali, sia per la quantità di informazioni e di argomenti su cui Perlasca avrebbe dovuto testimoniare.

Fatti e circostanze di cui solo gli inquirenti avrebbero potuto sapere. «Ma io non ho lavorato per loro (cioè i magistrati, ndr). Ho lavorato per il Papa» dice la Chaouqui a Ciferri, che sarebbe costantemente informato delle fasi delle indagini, con tanto di audio consegnati e fatti ascoltare. Un mascariamento continuo contro Becciu che avrebbe convinto anche il Pontefice - che degradò il cardinale delle sue prerogative prima del processo - come si capisce da una frase della Ciferri: «Il Papa ha detto a Perlasca che Becciu ha le mani che grondano di sangue. Non ha ucciso materialmente nessuno ma evidentemente il Papa lo ritiene colpevole di aver ucciso moralmente molte persone». «Lo abbiamo cucinato bene», dirà la Chaoqui.

«L’assenza di imparzialità e la manipolazione del principale testimone d’accusa non rappresentano semplici vizi formali, ma elementi che minano la validità e la credibilità dell’intero giudizio», dicono i legali di Mincione ma anche quelli di altri indagati come Cataldo Intrieri, difensore di Fabrizio Tirabassi, coinvolto nello stesso processo: «Diddi in gigantesco conflitto di interessi, faccia un formale passo indietro».

La verità è stata manipolata, ma anche la Ciferri ha capito tardi di essere stata usata. Secondo il «Domani» avrebbe segnalato già allora alcuni strani comportamenti della Chaoqui, invano: «Per ben tre volte presso gli apparati si sicurezza dello stato della Città del Vaticano, e cioè presso l’ufficio del promotore di giustizia Giampiero Milano, presso il commissario Stefano De Santis e presso il promotore Alessandro Diddi», dichiara la donna.

Oggi viene fuori anche il ruolo del sostituto della Segreteria della Santa Sede, Edgar Peña Parra. È al prelato venezuelano che la Ciferri scrive su whatsapp perché desidera che la posizione di Perlasca «venga estrapolata dai magistrati e che se ne anticipi il proscioglimento». Così le viene detto e così succederà Ma anche questa informazione non poteva essere a sua disposizione. Chi glielo ha detto? La Chaouqui, molto probabilmente, come lei stessa scrive a Peña Parra: «Conosce tutti i dettagli dell’inchiesta vaticana. Da chi, e come attinge queste informazioni sensibili? Come è stato possibile che una casalinga quale sono io, che abita sotto una montagna, possa, in tempo reale, essere messa al corrente di informazioni tanto riservate e dettagliate?», si chiede la Ciferri, come scrive oggi il «Domani». È Diddi a fornirgliele? Il messaggio contenuto nel suo telefono ne è una possibile conferma, come scrive Enrica Riera nel quotidiano in edicola: «Le informazioni, nel dettaglio, vengono fornite, purtroppo, dal prof Alessandro Diddi, con cui lei (Chaouqui, ndr) collabora in un non meglio precisato ruolo di “collaboratrice di giustizia”, questo spiega il fatto gravissimo per cui documenti riservati dell’inchiesta siano stati rinvenuti in casa sua, e il perché Lei possa conoscere dettagliatamente, e anticipatamente, ogni attività inquisitoria relativa al Segretario di Stato, alla Sua persona, a quella di monsignor Perlasca, e a quella di tutti gli indagati e di tutti i personaggi entrati a vario titolo nell’inchiesta.

Ero a conoscenza, da tempo, che relativamente alla segretezza sull’attività investigativa l’anello debole del Tribunale era il prof Diddi, ma non avrei mai immaginato fino a tal punto».

Nessuno finora ha mai smentito queste dichiarazioni. Per quanto tempo ancora queste verità indicibili potranno essere nascoste a tutti?

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