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Velodromo, stop ai lavori almeno fino all’estate

Da un lato la «Città dell’Acquasport» voluta da «Eur spa»: 168mila metri cubi di cemento (centri fitness, piscine, scuole, centri anziani e uffici comunali) che dovrebbero sorgere in luogo dell’ex Velodromo (patrimonio della stessa società partecipata) e scaturiti dal solito accordo di programma tra Comune e Regione, in deroga al vecchio e al nuovo Piano regolatore. Dall’altro la battaglia dei comitati di quartiere come il «Salute Ambiente Eur», che si oppongono per evitare la demolizione (avviata in estate e poi bloccata dal Comune perché non espressamente prevista dall’accordo di programma) dell’impianto sportivo abbandonato da decenni e progettato da Cesare Ligini per le Olimpiadi di Roma del 1960, chiedendone la ristrutturazione e il mantenimento della sua funzione ciclistica. Senza contare lo sperpero di risorse per la prevista realizzazione del nuovo Velodromo del Laurentino e l’impatto che la «Città dell’Acquasport» avrebbe sull’intero quadrante: riduzione drastica del verde, incremento del traffico, inquinamento ambientale. Ma per sapere chi uscirà vincitore dal confronto bisognerà attendere ancora perché i lavori - cominciati nello scorso agosto - resteranno fermi almeno fino all’estate prossima, quando il Tar del Lazio si pronuncerà sul giudizio che ora vede addirittura contrapposti Comune ed Eur Spa, dopo che quest’ultima aveva presentato ricorso contro la sospensiva del cantiere decretata a ottobre.
Una mossa che tuttavia per la società presieduta da Paolo Cuccia - che per realizzare l’opera a giugno ha costituito una partnership con il «Gruppo Condotte», replicando così il binomio della Nuvola di Fuksas - si è rivelata un boomerang, perché nel ricorso si sono inseriti i comitati di quartiere. E ieri il «Salute Ambiente Eur» ha diffuso una nota in cui si denuncia che la demolizione del Velodromo Olimpico non è stata completata entro dicembre, come erroneamente annunciato a novembre da «Eur Spa», ma che in realtà il cantiere è bloccato da oltre due mesi a causa del rifiuto del Campidoglio ad autorizzare la demolizione.
«Eur spa - si legge nel comunicato - aveva negato che i lavori fossero stati bloccati dagli uffici tecnici del Comune e affermava che, al contrario, la Eur spa stessa aveva fermato le ruspe in attesa della conclusione del concorso internazionale di progettazione». Secondo la società, in sintesi, tutte le carte per proseguire i lavori erano in regola e lo stop era stato deciso solo «per dare agli architetti concorrenti la possibilità di visionare la struttura per portare avanti i loro progetti».
Ma evidentemente le cose non stavano così se (questa la novità delle ultime ore) durante la Camera di consiglio al Tar dello scorso 20 dicembre lo stesso legale di Eur Spa ha rinunciato alla richiesta di sbloccare il cantiere, preferendo aspettare il futuro verdetto del Tribunale regionale. «Una probabile ritirata strategica», commentano dal Comitato, che già a ottobre aveva presentato un esposto al Comune per denunciare come il recupero e la trasformazione del Velodromo fossero incompatibili con la sua demolizione.


E del resto gli argomenti che dimostrano l’inopportunità del progetto abbondano: dallo studio dell’«Osservatorio del Moderno a Roma della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi La Sapienza, che dimostra come lo storico impianto (seppur degradato) non è pericolante, alla nota del 30 ottobre con cui la Soprintendenza comunale per i beni architettonici e per il paesaggio ha comunicato l’inizio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale del Velodromo Olimpico». Due documenti che sono stati entrambi prodotti in giudizio al Tar dai Comitati. Ma comunque vada, gli spogliatoi e parte delle gradinate dell’opera olimpica, spazzate via dalle ruspe, sono già un ricordo.

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