Veltroni assume il consulente per l’abbronzatura

Dossier di An sugli sprechi. A Forlì vigili di cartone strapagati, a Firenze due esperti per i cimiteri. E anche Confedilizia va all’attacco

da Roma

Prima Forza Italia, poi Alleanza Nazionale, ora anche la Confedilizia. Nei giorni in cui si parla dei tagli alla Finanziaria c’è chi va a caccia dell’altro lato della medaglia: gli sprechi nascosti nei meandri delle amministrazioni locali e che prima i partiti, e ora anche le associazioni, si divertono a scovare.
«Divertirsi» è il termine giusto, perché strappano diversi sorrisi i ricchi dossier, come quello di An (ma Confedilizia non è da meno) che espongono i modi a volte bizzarri dell’investimento dei soldi pubblici da parte degli amministratori. Per motivi politici, An si è concentrata in particolare nell’analizzare le giunte di sinistra, che in effetti sono ora di gran lunga le più numerose in tutta Italia. I «redattori» sono il responsabile del programma del partito, Silvano Moffa, e il titolare del dipartimento enti locali, Giovanni Collino.
Lo spreco più esilarante di questo dossier è certamente quanto avvenuto a Forlì con la storia del «vigile urbano di cartone». Il documento di An racconta come l’assessorato alla Mobilità abbia ideato la trovata dei finti guardiani del traffico piazzati in punti strategici della città che sarebbero stati usati come deterrenti per i cittadini. Spaventapasseri di cartone per presunti automobilisti con la testa tra le nuvole. Pare però che la voce del finto vigile si sia presto sparsa per la città e che il trucco non abbia funzionato che per pochi giorni. E qui c’è il primo spreco: 10 milioni delle vecchie lire, circa 5mila euro, per realizzare le sagome. Ma c’è un altro sperpero nella storia dei vigili di cartone: sulle sagome il Comune ha affisso la foto di un vigile vero, ma senza chiedergli l’autorizzazione. L’agente ha fatto causa per sfruttamento improprio dell’immagine e l’ha vinta. Il Comune ha quindi dovuto pagare altri 20 milioni delle vecchie lire come risarcimento al vigile della foto.
Un altro caso contenuto nel dossier è quello della doppia consulenza sui cimiteri della giunta Domenici a Firenze. L’episodio risale al 2003: a undici giorni di distanza il Comune ha assunto ben due collaboratori con il compito di svolgere uno studio «per ampliare e migliorare la gestione dei cimiteri», per il compenso di 7.500 euro l’uno. Sempre rimanendo in Toscana, c’è anche il caso, alla Regione del governatore Claudio Martini, dei 53mila euro al traduttore di Swahili per l’assessore all’Ambiente.
Il dossier di An cita poi una consulenza d’oro della giunta Veltroni a Roma. Nel testo di Alleanza Nazionale si porta l’esempio dei 25mila euro per il delegato che ha compilato il «decalogo per la tintarella sicura», in cui si consiglia che «un eccesso di sole può essere dannoso per la salute» e che «occorre verificare sulle confezioni il fattore di protezione delle creme solari». A Ravenna il consulente serve invece non per aiutare a proteggersi dal sole, ma per preservarsi dai nudisti. È costata infatti 624 euro una piccola collaborazione, che comunque è stata pagata con i soldi pubblici, per studiare l’impatto di una spiaggia di amanti della libertà dai costumi per il lido di Dante. Moffa e Collino li chiamano «sprechi ai limiti della follia», gli «esempi più eclatanti delle spese fantasiose negli enti locali governati dalla sinistra, la stessa sinistra che paventa ingiustificatamente tagli alla spesa sociale». Riassumendo: «I 4 milioni di euro spesi per consulenze legali esterne nel 2003 dalla Regione Emilia Romagna», gli «oltre 120 miliardi di lire spesi per consulenze dalla Regione Toscana», oppure «i 5 milioni 780mila euro spesi dal Comune di Roma nel periodo 2004-2005 per consulenze, contratti a tempo determinato e comandi presso la segreteria del Sindaco».
Confedilizia ha compilato addirittura un piccolo libro: «La Confedilizia ha stampato questo libro - si legge nell’introduzione - per rendere chiaro a tutti dove vanno a finire i soldi di chi paga le imposte locali.

In particolare, i soldi di condòmini e proprietari di casa - si sottolinea -. Che – oltre al resto – pagano anche l’Ici, l’imposta più odiata dagli italiani: una patrimoniale che tassa anche se non c’è reddito, e quindi espropriativa per definizione».

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