Veltroni passeggero di passaggio per mostrare che va tutto bene

Il sindaco sale «in incognito» alla stazione Vittorio. Ma «per caso» i giornalisti sanno tutto

Andrea Cuomo

da Roma

«La città ha diritto di sapere tutto», proclama a grande e vibrante voce Walter Veltroni a proposito del disastro delle metropolitane di martedì. Forse per questo il primo cittadino delle due città di Roma - quella nei sogni del sindaco e quella negli incubi di chi la vive - ci tiene a far sapere ai suoi cittadini che ieri mattina, proprio nel luogo e nell’ora del tragico tamponamento, ha preso il treno e si è recato da Vittorio ad Anagnina: una quindicina di fermate (con il ritorno presumibilmente su auto di servizio) per quello che lo stesso Veltroni ha definito «un viaggio di solidarietà, senza scorta né giornalisti».
Ora, a parte la buona notizia che ormai anche in cima al Campidoglio è giunta voce che la categoria dei passeggeri dei mezzi di trasporto romani è composta da poveri cristi con cui è d’uopo solidarizzare, va poi detto che i giornalisti, chissà come, sono alfine spuntati. E la notizia ha fatto il giro della città. Perché va bene la solidarietà, ma l’immagine ha la sua importanza. E così il sindaco de noantri ha fatto la figura di chi stacca un assegno per beneficenza ma non sa resistere alla tentazione di vantarsene in giro.
Erano le 9,40 quando Veltroni ha preso quel treno. Direzione opposta rispetto a quella su cui viaggiavano i convogli dello scontro, ma stessa stazione, quella di Vittorio, riaperta proprio ieri, e stessa ora, discretamente affollata. Anche qui: va bene il valore simbolico, ma più è forte l’effetto immagine e meglio è. Inutile dire che in tanti si sono scossi dal torpore oppure hanno sollevato lo sguardo dalla free-press o dai semafori di passaggio (non si sa mai, si beccasse un rosso permissivo...) e, dopo un momento di comprensibile sbigottimento (ma chi l’ha detto che viaggiare sui mezzi pubblici è noioso?), si sono fatti attorno a Veltroni per salutarlo. «Sindaco, sei proprio te?», sembra abbia detto Stefano, uno studente universitario che, si spera, non conti di laurearsi in lettere, visto l’uso disinvolto dei pronomi personali.
Il resoconto che segue è tratto da un’agenzia stampa, non essendo noi nel novero dei giornalisti capaci di meritarsi una simile soffiata. Ma vale a rendere l’atmosfera. «Che bello, Walter, siedite qua vicino a me», dice in tono confidenziale Teresa, anzi Teresina, anziana passeggera che prende per mano il sindaco e poi lo mette al corrente che lei, in fondo, è una scampata: «Io la metro la prendo da ’na vita. L’altro giorno, quello dell’incidente brutto, ho preso il treno prima, per fortuna». Pausa di imbarazzo, che dura un attimo. Siamo o non siamo a Roma, patria della commedia all’italiana, dove dramma e sorriso vanno a braccetto? «Oggi però sto qui di nuovo - riprende quindi Teresina - e le facce sono sempre le stesse. Te volevo dì, insomma, sta tranquillo Walter, che ’sta città sa reagire, eppure bene. Non è un tamponamento che ce mette paura, a noi romani».

È questo il momento clou del viaggio di Walter. Il resto è pacche sulle spalle, autografi, foto col telefonino. Poi Veltroni torna in superficie e il popolo della metro resta sotto. Ieri, oggi e tutti gli altri giorni. A guardare preoccupato i semafori.

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