Veltroni si regala l’ex cinema Tiffany

Veltroni si regala l’ex cinema Tiffany

Dove gli altri non arrivano, spesso arriva Walter Veltroni. Sindaco di Roma e presidente della «Fondazione Teatro dell’Opera», nella sua veste di primo cittadino «dona» alla Fondazione che presiede gli spazi in disuso (e di proprietà privata) dell’ex cinema Tiffany, nella «Galleria Regina Margherita» vicino al Viminale, per farli diventare la sala prove del Teatro dell’Opera nell’ambito del nuovo «Parco della Lirica e della Danza», presentato lo scorso 21 giugno. Un’elargizione, quella del Campidoglio, che però a qualcuno ha mandato in fumo anni di lavoro e investimenti economici. «L’acquisizione dell’ex cinema - si legge sul sito del Comune - è il frutto di un accordo siglato tra il Campidoglio e l’Inarcassa (La «Cassa nazionale di previdenza e assistenza degli ingegneri e degli architetti liberi professionisti», proprietaria dei locali, ndr). L’ex Tiffany è dato in affitto al Comune per un periodo di sei anni, rinnovabili, a un canone annuale di 130mila euro, per essere destinato a uso esclusivo della «Fondazione Teatro dell’Opera». Peccato che il 15 dicembre 2004, la stessa Inarcassa avesse stipulato con la società «Wellness Gallery srl» un contratto di locazione per l’ex Tiffany e per altri spazi della Galleria Regina Margherita. Ambizioso il progetto, che avrebbe dato lavoro a cento persone: riqualificare l’area con ristoranti, biblioteche, spazi per concerti. E al posto del cinema, una palestra e una piscina coperta. Inarcassa si impegnava a chiedere al Comune il cambio di destinazione d’uso, nell’ambito della delibera comunale 661/2005 sul recupero dei cinema dismessi.
Lo scorso 11 gennaio, con una lettera, la proprietà informa così la Wellness di aver presentato in data 13 settembre 2006 la documentazione necessaria al Campidoglio - i cui termini erano stati prorogati al 28 dicembre - aggiungendo che, in caso di risposta negativa, il contratto di locazione sarebbe stato, come previsto, «ridotto nell’oggetto e nel canone»: ovvero, non avrebbe più previsto l’affitto del cinema. Il 2 marzo nuova missiva di Inarcassa al locatario: «In data 14 febbraio 2007 la Commissione dipartimento VI U.O ha ritenuto inammissibile la domanda per contrasto al punto 3.7 del bando per mancato reperimento dei parcheggi pertinenziali dovuti all’aumento di Sul - la “Superficie utile lorda” -. Si richiede di confermare la volontà di recedere parzialmente dal contratto». Traduzione: «Il Campidoglio non concede più il cambio di destinazione d’uso perché nel progetto mancano alcuni posti auto (18). Stralciamo l’ex Tiffany dall’affitto». Cosa che avviene il 4 maggio scorso. «Siamo stati obbligati dalla proprietà a firmare il recesso nonostante la nostra domanda fosse solo incompleta - racconta il rappresentante della Wellness, Paolo Proietti - dopo che per anni gli stessi assessori comunali Minelli (Casa e Patrimonio, ndr) e Morassut (Urbanistica, ndr) ci avevano espresso il loro apprezzamento. Poi l’improvviso dietrofront, e proprio a ridosso della concessione al Teatro dell’Opera». A giugno, sentendo puzza di bruciato, la Wellness incarica lo studio degli «Architetti associati Mastrangeli e Celata» di eseguire una perizia sull’ammissibilità della domanda presentata al Comune. Inequivocabile la conclusione: «La proposta di riconversione era conforme al bando nella sua totalità. Andava esclusivamente specificato come reperire i pochi posti auto per parcheggi pertinenziali. Sarà comunque possibile ripresentarla (...)». La Wellness richiede allora una convenzione per ben 50 posti auto al «Garage nazionale» di via Napoli. Ma ormai è tardi: il 21 Veltroni annuncia l’operazione «Parco della Lirica».

I vecchi affittuari - che senza il cinema vedono saltare l’intero progetto - citano in giudizio Inarcassa presso il Tribunale Civile di Roma chiedendo il risarcimento dei danni e l’annullamento del recesso parziale dal contratto d’affitto. Il prossimo 15 dicembre l’udienza: se il giudice dovesse dar loro ragione, la «colazione da Tiffany» per il sindaco potrebbe rivelarsi amara.

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