Veltroni supera se stesso (e Crozza): "Il Pd? Sono dentro ma anche fuori"

L’ex leader ormai al di là della sua caricatura. Va e resta, divide e unisce. E fornisce nuovo materiale al comico: "Una tavolozza di colori è più simile alla realtà..."

Veltroni supera se stesso (e Crozza): "Il Pd? Sono dentro ma anche fuori"

Al termine di un’aspra nottata di confronto-scontro, l’annunciato documento a doppia firma con Beppe Fioroni è rimasto nella borsa di Walter Veltroni. Lui, l’ex leader del Pd, dice che lo presenterà nei prossimi giorni, e che comunque i colleghi possono stare tranquilli, perché «non è per dividere», anzi, se mai vuol essere «un aiuto al partito». Loro però hanno lo stesso tirato un sospiro di sollievo, e Dario Franceschini ha pure messo le mani avanti: noi non lo firmiamo, qualsiasi cosa ci sia scritto. Sai mai di trovarci nero su bianco quel che disse un po’ di tempo fa: «È l’ora che gli italiani sappiano che Bersani usa il viagra, Rutelli fa le puzzette in riunione, la Bindi si depila con la motosega, Franceschini va a letto con il peluche di Winni The Pooh e D’Alema, serenamente e pacatamente, ce l’ha piccolo». Era il 17 febbraio del 2009, Uòlter si era appena dimesso dalla segreteria del Pd dopo la sconfitta alle Regionali in Sardegna, e a fare a fette i colleghi era stato Maurizio Crozza.
Un po’ suo alter ego e un po’ sua coscienza, il comico, da quando, all’indomani del discorso del Lingotto, facendogli il verso lo marchiò a ferro (e a vita) con l’ormai epico: «Stiamo con i giovani precari, ma anche con gli imprenditori che li sfruttano, certo... Pacatamente credo oggi sta nascendo un progetto grande che definiamo Partito Democratico ma che io definirei un Partito Ma Anchista italiano, un’idea nuova certo ma anche un’idea vecchia». Il sospetto che Veltroni abbia superato il maestro di comicità è venuto ai compagni di partito in seguito alle ultime mosse dell’ex leader. Su tutte, l’ultima: smentendo di voler creare gruppi autonomi in Parlamento, in un’intervista a Gioia Veltroni ha spiegato così il suo tormentato rapporto col partito che ha fondato: «Mi sento dentro e fuori, perché io sono così, sono rimasto così, e continuo a essere convinto che una tavolozza a più colori sia più simile alla realtà della vita delle persone». Peggio, molto peggio pure del Crozza-Veltroni che dopo l’elezione di Obama aspettava il vento del rinnovamento da Occidente «qui sul cucuzzolo di Frascati» e alle giovani generazioni voleva dare «un futuro luminoso ma anche buio». Magari scherza, hanno pensato compagni di viaggio democratico e di sogno americano. E invece, macché. Era tutto vero, amaro sfogo sulle sue dimissioni compreso: «Ho registrato ingiustizie e vigliaccherie. Fossi stato più giovane ne avrei sofferto». Altro che Crozza, che in quei giorni lo giustificò così, il passo indietro del leader: «Solo oggi ho capito cosa dovevo fare per unire il partito, solo oggi ho capito che dovevo pacatamente togliermi dai co...».
Del resto negli ultimi giorni era stato un crescendo. Veltroni ha prima messo la pulce nell’orecchio ai suoi con l’idea (Fini docet) di fare un gruppo autonomo che decidesse di volta in volta se appoggiare o meno il Pd. Poi ha preso a temporeggiare, ispirando ironici commenti: «Walter se ne va, ma anche no». Infine ha smentito la fuga con un «assolutamente no», accusando pure che la notizia fosse stata fatta uscire ad arte «da chi vuole delegittimare la nostra dura opposizione alla linea del segretario». A quel punto tutti si aspettavano allora la dura opposizione, che avrebbe dovuto sostanziarsi nella presentazione del famigerato documento alla Direzione del Pd dell’altra sera. Le premesse nei conciliaboli privati erano da fulmini e saette, in effetti, dal (sempre finiano, vabbè) «il Pd, come lo avevamo immaginato noi e tanti milioni di elettori, è finito», al «non eravamo mai arrivati così in basso».
Epperò le violente critiche al partito lì sono rimaste, nel veleno dei colloqui riservati, mentre del documento s’è persa traccia.

Pare ci sarà scritto, fra l’altro, che il Pd deve ritrovare lo spirito originario, e cioè quello della vocazione maggioritaria. Fu Veltroni a lanciarla al Lingotto, e sempre lui ad affossarla poco dopo: il Pd correrà da solo, aveva giurato subito, ma anche con l’Idv, s’era smentito poi. Da lì cominciarono i guai.

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