Il traffico di navi è inappropriato, la relazione tra «la capacità della città, il numero degli abitanti e il numero dei turisti» è «out of balance», sbilanciata, ed è causa di significativi «danni agli edifici» e in generale al contesto di città d'arte. Il sito ha bisogno di «un immediato miglioramento» nella progettazione di interventi che salvaguardino l'integrità della città e una «strategia di turismo sostenibile». A Istanbul l'Italia ha ricevuto una sonora bacchettata dal World Heritage Committee dell'Unesco: se non si corre ai ripari, Venezia rischia di uscire dalla lista mondiale dei patrimoni dell'umanità. Sarebbe «un fallimento della cultura italiana», commenta il segretario del centro studi Silvia Santagata, Alessio Re. Anche se da qui alla decisione funesta il passo non è breve: «Se c'è un sito a rischio, si attivano delle campagne di sostegno internazionali». Venezia per la verità di sostegno ne ha avuto molto in questi anni. Dal 2011 lo Stato ha versato 457mila euro e ben 26 comitati privati hanno finanziato 717 restauri. Ma nel 2014 i fondi per l'ufficio veneziano dell'Unesco (in carico al ministero degli Esteri) sono stati dimezzati fino a quota 650mila euro.
L'Italia detiene il record dei siti patrimonio dell'umanità, ma si tratta di una ricchezza fragile e non di rado mal amministrata o poco valorizzata: i dipinti rupestri della val Camonica faticano a raggiungere i 50mila visitatori annui. Praticamente a un anno esatto dall'iscrizione nella World List, più di cento tasselli dorati si sono staccati dal Duomo di Cefalù, proprio al di sotto del Cristo Pantocratore. Il parroco, monsignor Cosimo Leone, che aveva già tremato alla prima grandine, ha scritto alla fondazione Unesco: «Non abbiamo risorse per intervenire». La Corte dei conti della Campania ha appena aperto un'indagine su Napoli, che ha perso cento milioni di euro di finanziamento dall'Ue e sulla Reggia di Caserta. Pompei rimane sempre una sorvegliata speciale.
Intanto proseguono le battaglie per ottenere il brand Unesco. Se il comitato internazionale si apre all'est per rispettare equilibri globali, in Italia si consumano estenuanti trattative tra nord e sud, tra antico e moderno. Come quella che si è appena consumata tra Ivrea città industriale e Taormina, con la probabile sconfitta della città siciliana. Per la commissione italiana Unesco Ivrea è «scelta condivisa». E mentre sono quaranta i siti italiani inseriti nella Tentative list (ovvero chi spera nell'investitura) Taormina aspetta da dieci anni.
«Ci hanno detto che noi abbiamo un milione e duecentomila turisti l'anno e quindi non abbiamo bisogno del marchio Unesco», spiega al Giornale sconsolato il responsabile del comitato per la
candidatura di Taormina, Salvo Brocato. «Ma allora la Gioconda che la conoscono in tutto il mondo non la devi restaurare? Sono logiche che non comprendiamo. Pensi che Dubai vuole che venga riconosciuto il lungomare...».EFo
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