Caracas - Comunque vada Hugo Chavez ha già perso. Mentre si contano gli ultimi risultati delle elezioni amministrative di ieri il presidente venezuelano sa che, da oggi, dovrà rinunciare ai suoi slogan preferiti. Non potrà più definire crimine e delinquenza figli bastardi di povertà e capitalismo. Non potrà più ripetere «se fossi nato povero sarei andato anch’io a rubare». A rubare e ad ammazzare da quelle parti son già in troppi. Dieci anni di ricette sociali mutuate dai suoi slogan hanno trasformato Caracas nella capitale mondiale del crimine. «Qui un minuto prima sei in piedi a bere birra e un attimo dopo sei stecchito sotto il tavolo». La vita o la morte a Caracas girano così. A raccontarlo al quotidiano inglese The Guardian è Miguel Torres, un tassista di 52 anni, abituato a sopravvivere agli infernali fine settimana dei barrios della capitale.
Le statistiche, messe al bando dal ministero della Giustizia di Hugo Chavez, gli danno ragione. Negli ultimi tre anni un’impennata degli assassini ha trasformato Caracas nella città con il più alto tasso d’omicidi del mondo civilizzato. Per capirlo bastano le statistiche emerse - nonostante le censure governative - sulla stampa internazionale. Secondo il San Francisco Chronicle a Caracas nel 2007 si sono registrati 2.710 omicidi con una media di 130 ogni 100mila abitanti. Nel 2006, l’anno più terribile della guerra civile, le statistiche irachene si fermano a 101 ammazzati per centomila abitanti. A New Orleans, città più pericolosa degli Stati Uniti la media non supera i 28,2. In Italia ci si preoccupa se le morti violente oltrepassano quota 1,23 su centomila abitanti.
A rendere più aleatorie vite e proprietà degli abitanti di Caracas contribuiscono le quotidiane 31 rapine a mano armata, le centinaia di furti d’auto e l’angosciante fenomeno dei «Secuestro Express», il crimine alla moda basato su rapimento sbrigativo, riscatto contenuto e liberazione in poche ore. Di un «Secuestro express» anche se non a Caracas, ma a Zulia, alla tormentata frontiera con la Colombia, potrebbe esser rimasta vittima Vanessa Farina Riccione la 21enne, studentessa di ingegneria, originaria di Frosinone prelevata sabato da quattro uomini armati. Poche ore prima era stato liberato l’imprenditore italiano, Carlo Triggiano, rapito a Maracaibo. I 33 rapimenti di italo-venezuelani registrati nel 2008 rientrano in quel quadro di criminalità dilagante che registra l’apogeo nei barrios della capitale. Le notti di ogni fine settimana producono, secondo i registri dell’obitorio di Plaza Ayuntepuy, almeno 50 cadaveri. Gran parte di quegli assassini sono legati al consumo e al traffico di cocaina favoriti dalla riduzione dei controlli alla frontiera con la Colombia. Fuori dalla capitale non va meglio se il 53% dei venezuelani sostiene di aver subito almeno un episodio di violenza. A peggiorare la situazione contribuiscono, secondo la professoressa Ana Maria Sanjuan, esperta di studi sulla criminalità dell’Università centrale del Venezuela, l’indebolimento del sistema giudiziario e la sottrazione di fondi alle forze della polizia. «Il più grosso problema è aver utilizzato la questione criminale come uno strumento politico» - ricorda San Juan. Ma anche aver cambiato dieci ministri della giustizia in dieci anni – fa notare qualche analista - non ha giovato. E a contraddire ancor più le tesi presidenziali contribuiscono i dati sui tassi di povertà ridottisi, mentre il crimine proliferava, dal 53 al 37% grazie al petrolio.
Ma all’indomani di un voto in cui l’opposizione si è fatta interprete del terrore di una popolazione assediata dalla delinquenza Chavez non può neppure lanciare una campagna di sicurezza e ordine. «Sarebbe come fare marcia indietro - spiega Steve Ellener analista politico all’Università dell’Este - sarebbe come ammettere di aver sbagliato tutto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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