Il Venezuela vota su Chavez dittatore a vita

MadridOggi Hugo Chávez si gioca la realizzazione del suo sogno politico. O meglio, se la rigioca. Se i venezuelani diranno sì al referendum costituzionale che ha indetto, il premier diverrà qualcosa di più di un presidente. Potrà essere rieletto indefinitamente ottenendo il potere vitalizio. Un obiettivo al quale Chávez aspira - almeno ufficialmente - dal dicembre 2007, quando ad un referendum analogo i venezuelani risposero con un sorprendente «no».
Se vince il sì, Chávez avrà via libera per portare a termine il suo progetto di socialismo del secolo XXI, e guidare un plotone di Paesi latinoamericani (la Bolivia di Morales, il Nicaragua di Ortega e, più criticamente, l'Ecuador di Correa) in fuga verso un modello che per molti non è altro che una rielaborazione di quello cubano, ma cinquant'anni dopo.
Chávez si ispira alla Cuba di Fidel, suo padrino e consigliere, come spiega il politologo Enrique Krauze nel suo recente libro Il potere ed il delirio, e non a quella di Raúl, che sbircia il Brasile. Il rapporto tra i due leader è intenso, tanto che, secondo un ex pilota presidenziale, Chávez vola spesso a Cuba segretamente. Grazie a Fidel, il venezuelano istituí le famose «Missioni» per migliorare la sanità, l'educazione, la produzione e l'aiuto ai poveri. L'idea fu fondamentale per vincere il referendum revocatorio del 2004, che gli consentì di rialzarsi in piedi dopo il 2002 disastroso, durante il quale un golpe riuscì quasi a rovesciarlo.
Ma nonostante il leader venezuelano sia riuscito a mettere progressivamente sotto il proprio controllo il potere giudiziario e la commissione elettorale, ha ancora bisogno di voti per essere eletto, al contrario del dittatore Fidel. Per questo Chávez sta facendo di tutto perché neanche un voto a suo favore vada perduto. Convinto di aver perso il referendum del 2007 per l'astensione, il presidente ha deciso di rimandare San Valentino di due giorni perché non interferisse con le votazioni di oggi. Poi si è prodigato ancora di più in apparizioni televisive e radiofoniche, confermando l'idea di Krauze di un presidente che governa «live», in diretta costante.
L'ossessione del leader bolivariano è tale che ha creato liste con le persone dei quartieri popolari che nell'ultimo referendum non andarono a votare. Le cosiddette «pattuglie del sì», composte da simpatizzanti chavisti, le vanno a trovare per fargli cambiare idea, e questa mattina le andranno a prendere una ad una per portarle alle urne. Tutti questi sforzi potrebbero funzionare.
Secondo gli ultimi sondaggi del Gruppo di Ricerca Sociale XXI, il sì potrebbe vincere con il 55,9% delle preferenze, mentre per Hinterlaces sarebbe il no a prevalere con il 47,5% dei voti. Per Chávez sembra essere comunque l'ultima possibilità di rendersi «eterno». L'epoca delle vacche grasse è finita. Il prezzo del petrolio - che rappresenta il 70% dei bilanci statali - cade da mesi e non consentirà di poter continuare a portare avanti le politiche populistiche che finora gli hanno garantito un importante fetta di consensi.
Anche nelle sue parole si nota l'enfasi di chi si sta giocando il tutto per tutto. L'ultimo discorso della campagna ha assunto toni mistici: «Domenica sarò in anima e spirito in ogni tavolo elettorale, aspettando te, donna, uomo, giovane. Perché facciate di me quello che volete. La mia vita non è già più mia, io l'ho già vissuta, è vostra. Fate di lei quello che volete!», ha detto.


Nel 2007 i venezuelani si opposero alla consegna del potere nelle mani di un solo uomo, alle sue idee sulla riduzione della proprietà privata e della libertà d'espressione. Fu una sorpresa. Oggi Chávez dà ai venezuelani la possibilità di ripeterla.

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