«Venga pure la riforma farà bene anche a noi»

da Milano

«Nulla di nuovo. Già nel 1997 la prima delle indagini dell’Antitrust sembrava dovesse sconvolgere il mondo delle professioni: siamo ancora qui». È scettico William Santorelli, presidente dell’Ordine dei ragionieri commercialisti. «Anche questa volta si fanno più o meno le stesse affermazioni, alcune scontate».
Cioè?
«Per esempio la pubblicità. Che non debba essere vietata è un dato ormai acquisito; è corretto il principio che non debba essere comparativa ma informativa. La stessa Autorità sottolinea che non deve “alimentare bisogni”: tutto ragionevole».
E della tariffa, che cosa dice?
«Quella minima obbligatoria riguarda poche professioni. In quelle giuridico-economiche è un punto di riferimento orientativo. Non ci piace che si generalizzi».
L’Antitrust fa altre osservazioni
«Sì, e sono generiche. Parla di limitazione agli accessi, di sbarramenti, e di eccesso di normativa che creerebbe ingiustificati privilegi. Mi piacerebbe vedere elencati questi privilegi, non dice quali sono. In realtà riserve forti ci sono soprattutto per notai e farmacisti, che sono le categorie alle quali è rivolta l’attenzione dell’Antitrust, ma quest’ultima, per pudore, parla di tutte. Pensi che tra ragionieri, dottori commercialisti e avvocati in Italia siamo in 250mila, quando di notai ce ne sono 5mila. Noi facciamo da soli un mercato, come si fa a dire che ci sono limitazioni all’accesso?».
Le critiche non vi riguardano?
«L’Antitrust fa le sue valutazioni su alcune professioni allargando il giudizio a tutte».
Quindi condividete le critiche?
«Prendiamo i notai: hanno esclusive fortissime e noi siamo i primi a lamentarci. Con i dottori commercialisti chiediamo che vengano tolte alcune loro esclusive e allargati alcuni compiti anche a noi».
Un esempio?
«Il caso di cessione di quote di un’azienda. Il commercialista prepara l’atto, che poi va firmato davanti al notaio. È assurdo.

Ma sa qual è il problema?
Quale?
«Le nostre professioni sono regolate da leggi antiquate. I ragionieri si reggono su una legge del 1906 riformata nel 1953, anno in cui sono “nati” i dottori commercialisti. Altre professioni hanno più di cinquant’anni. Una riforma è urgente e necessaria».

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