Chi scrive appartiene - e non solo per questioni anagrafiche - a quella schiera non esigua di cittadini del pianeta che non chiederebbero l'amicizia su Facebook a uno sconosciuto/a neanche se fosse questione di vita o di morte. Aborrisco il mezzo, ne diffido, non mi piace d'istinto. Ma devo ammettere che talvolta queste trappole elettroniche da cui molti rifuggono orgogliosamente sono davvero sorprendenti, perfino in senso buono.
Prendete ad esempio la storia di Maria Lucia Zampiero, che a 47 anni, grazie al social network più frequentato del web, ritrova i suoi genitori e scopre che non era stata abbandonata; che il distacco dalla sua famiglia biologica era stato determinato non da disamore, ma da una serie di sfortunate congiunture economiche che ne avevano determinato (assistenti sociali, giudici minorili, la solita trafila) l'adozione da parte di una coppia senza figli.
Per quasi cinque decenni, il rovello ha torturato Maria Lucia, che vive a Merate, nel Lecchese. Era cresciuta circondata dall'affetto dei genitori adottivi, nel frattempo defunti; ma il sospetto, se non la certezza di essere stata abbandonata volutamente dai suoi veri genitori aveva profondamente inciso sul suo carattere, sulla sua personalità, determinando ansie, insicurezze, dilatando certe malinconie.
Maria Lucia Zampiero conosce il suo vero cognome da quando aveva sei anni. Era una bambina e da allora, stagione dopo stagione, talvolta credendoci fino in fondo, talaltra cedendo al pessimismo, non ha mai smesso di sognare il momento in cui avrebbe potuto riabbracciare i suoi congiunti. Quarantuno anni dopo il suo sogno, grazie a Facebook, si è avverato. É bastato inserire il suo cognome nel motore di ricerca ed ecco che dalla lampada di Aladino di Mark Zuckerberg, l'inventore di Facebook, sono saltati fuori tre profili. Sulla loro bacheca, ha raccontato Maria Lucia al Giornale di Merate, che ne ha poi diffuso la storia, ha scritto così: «Ciao, il motivo per cui vi chiedo l'amicizia è che sono stata adottata... So che mia madre si chiamava Allegra. Mi aiutate a risalire alle mie origini?».
Ed è così che, là dove una volta riusciva solo la maghessa Raffaella Carrà col suo Carramba che sorpresa, anche Facebook ha fatto il miracolo. Il giorno successivo arriva infatti la risposta: «Sei la zia che non abbiamo mai smesso di cercare. Mio padre ha mosso mari e monti senza mai riuscire a rintracciarti e non si è mai rassegnato alla tua perdita finendo con il perdere il lune della ragione».
Dalla «lampada» di Facebook ecco nel frattempo sortire il resto della storia. Il nipote racconta a Maria, che vive a Merate col marito e quattro figli, che la sua mamma e un fratello sono ancora vivi e che un altro fratello invece non c'è più. Morì suicida, travolto emotivamente da quelle vicende familiari che avevano determinato l'adozione di Maria.
Dicono che questo «miracolo», avvenuto grazie a Facebook, non sia affatto isolato. E che sempre più spesso, grazie al formidabile orecchio elettronico messo in piedi dal ragazzo americano, si piange e si ride, in giro per il mondo; e son baci e abbracci, proprio come nel salotto della Carrà una volta, tra genitori e figli che si erano persi.
«Scoprire di non essere stata abbandonata - ha raccontato Maria al settimanale meratese - è stato liberatorio.
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