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Ventotene, dopo il dramma gli sprechi

Caro Granzotto, arrivo a Ventotene alle ore 10,50 del 20 aprile, esattamente all’ora nefasta in cui cadevano i tre massi di tufo che hanno colpito, uccidendole, le due ragazze romane. Mi reco in quella meravigliosa isola ogni mese esclusi quelli estivi, in cui si trasforma in una qualunque località turistica, con l’aggravante della presenza di tanti radical-chic con ville e yacht, ma che vivono da pezzenti ambientalisti, naturalisti e pro-bio di facciata. Ebbene, per tutta la giornata del 20 aprile ho assistito a quanto di più inefficiente, dispendioso e teatrale si possa mettere in atto. Il giorno è stato caratterizzato dall’arrivo di innumerevoli elicotteri e motovedette: Carabinieri e Guardia di finanza (benché già presenti sull’isola), Vigili del fuoco, Guardia forestale, Polizia municipale (elicottero proveniente da Latina?), Protezione civile e infine la Polizia di Stato (motovedetta giunta alle 16,30). Non so se il giudice sia arrivato con quest’ultima, ma sta di fatto che i corpi delle povere ragazze sono stati rimossi dopo le 17. Il giorno seguente sono arrivati due furgoni della Rai con tutte le attrezzature del caso, più un’auto col resto del personale, per installare una postazione fissa di fronte alla spiaggia dove era accaduta la disgrazia. Tutto ciò per mandare un servizio la sera illustrando ciò che già la mattina era stato riportato dai giornali e cioè che Cala Rossano veniva considerata sicura, essendo stato ricostruito il muro di sostegno della strada sovrastante. Erano presenti, credo, 6 o 7 persone, tra operatori, tecnici e autisti che sono rimasti, chi due e chi tre giorni sull’isola. Mi chiedo se dobbiamo continuare a pagare una tassa per permettere alla Rai di spendere i nostri soldi in modo che definirei volgare, per come disprezza le difficoltà economiche di chi la nutre. E i dipendenti scioperano perché vogliono la riconferma del premio di produzione!
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Sì, in episodi tragici e di forte risvolto emotivo come quello di Ventotene c’è un po’ la consuetudine, da parte delle forze dell’ordine e della Rai, di creare il clima dell’«arrivano i nostri». Intendiamoci, per quanto riguarda le prime è sempre meglio abbondare che lesinare, ma davvero ci si chiede quale la ragione, quale l’utilità, di tutto quell’avvicendarsi di elicotteri, natanti ed emissari d’ogni possibile branca dei servizi di Stato. Stupefacente, poi, è l’arrivo - il giorno dopo la tragedia - della Rai con gran dispiego di uomini e mezzi. D’accordo che la televisione vive di immagini ed è quindi normale che ne vada a caccia. Anche accontentandosi, in mancanza di meglio, di inquadrare il citofono (quanti ne abbiamo visti, nei tiggì?) col nome della persona che avrebbe voluto riprendere, senza riuscirci. Ma perché l’ambaradan della troupe al completo, con tanto di giornalista, fonico e altri tecnici per un servizio di commento che non poteva commentare niente, se non precisare: «Quello alle mie spalle è lo sperone di tufo...»? Una volta, ai tempi delle vacche grasse, non ci avrebbe fatto caso nessuno, ma le vacche di via Teulada si son fatte non tanto magre, quanto pelle e ossa. Ciò che avrebbe dovuto consigliare l’invio sul posto - e per qualche giorno - non di un intero teatro di posa, ma di un singolo operatore che, con la telecamera in spalla, avrebbe potuto girare quel tanto di materiale necessario da mandare in onda. Però, caro Rossi, ho timore che in quel caso c’è chi avrebbe gridato all’attentato delle libertà costituzionali, al diritto di cronaca e della libera informazione. Peggio, alla censura (di ispirazione berlusconiana, va da sé).

E questo sarebbe niente: pensi all’immancabile puntata di Annozero sull’argomento... Va bene che paghiamo noi, ma tutto sommato è meglio che sia andata così, caro Rossi, meglio l’occupazione in forze di Ventotene da parte della inutile ma dispendiosa troupe televisiva.

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