Venturi riparte da Cefalonia

L’autore ricorda la strage del ’43

Daniele Gensini

Dobbiamo a Marcello Venturi scrittore assai apprezzato in Liguria e «isolato» per autodefinizione nel panorama letterario italiano, il libro che svelò al mondo la tragedia dei 9 mila e cinquecento soldati della Divisione Acqui, sterminati dai tedeschi dopo l’amnistizio dell’8 settembre 1943 nei mari greci, l’ottimo «Bandiera bianca a Cefalonia». riparte da quell’indimenticabile vento, l’autore toscano, nell’incipit de «Il nemico ritrovato», romanzo che, in una piacevole alternanza di generi differenti, legati dal filo conduttore della memoria, percorre strade narrative capaci di condurre il lettore alla meta di un’analisi attenta sul tempo presente nel rapporto con la storia che lo ha preceduto.
L’appassionato viaggio introspettivo di Venturi comincia con la ricezione di una missiva speditagli da uno studente universitario di Heidelberg, Ludwing Stiller, che, al fine di preparare una tesi di dottorato sui fatti di Cefalonia, chiede un incontro per approfondire la vicenda insieme a chi ne conosce ogni risvolto. Da quel momento la mente dello scrittore è monopolizzata dagli interrogativi sulla vera natura del giovane teutonico che finirà per soggiornare nella sua vecchia villa del Monferrato.


Sarà simile ai vecchi «perendisti» germanici, conosciuto durante la seconda guerra mondiale, questo Stille, o magari persino un discendente diretto di un combattente nazista? E se del caso, non avrà per avventura qualche conto da regolare?Soltanto quando il ragazzo di Heidelberg consegna nelle sue mani, come ringraziamento per l’ospitalità offertagli, un’evocativa pistola di Luger, l’anima di Venturi sembra trovare uno squarcio di pace dopo settant’anni di tormenti.
Marcello Venturi, «Il nemico ritrovato», Aragno editore.

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