Forse lautore più grande del festival è un autore morto. In una Mantova che non ha avuto mai così tanti ospiti e così pochi fuoriclasse, il numero uno è Roberto Bolaño, il romanziere cileno scomparso a 50 anni nel 2003 e oggi autore culto in Sudamerica, in Europa e negli Stati Uniti, dove è lo scrittore di lingua non inglese più letto in assoluto. Ieri sera, in un piccolo cinema di Mantova, presidiato da uno zoccolo duro di fan dellautore del ciclopico 2666, di Il terzo Reich e I detective selvaggi, è stato proiettato in anteprima italiana il bellissimo film-documentario Batalla futura, del messicano Ricardo House. Il docu-film, di 50 minuti, è il primo capitolo di una trilogia (la seconda parte viene presentata in questi giorni in Spagna, la terza sarà pronta nel 2102). Del romanziere e poeta che a metà anni 70, proprio in Messico, nel Café de la Habana di Calle Bucarelli, fondò il movimento poetico infrarealista, lopera di House racconta gli anni della giovinezza e della formazione e ricostruisce la scena culturale della quale, arrivato in Messico dal Cile alletà di 13 anni, lo scrittore-poeta diventa presto il grandissimo animatore. Ne esce un Bolaño pochissimo conosciuto al pubblico italiano che ha letto i suoi libri pubblicati da Sellerio e Adelphi. Attraverso le testimonianze e i ricordi di amici, poeti e gente comune, e frammenti di rare interviste tv, Bolaño appare come un uomo consapevole del proprio talento, un leader naturale, un trascinatore, un provocatore. Sigaretta in mano in ogni foto, divoratore di libri, di giorno in giro e di notte alla macchina per scrivere a sfornare decine di storie, centinaia di idee e migliaia di pagine, avrebbe voluto fare il detective, odiava Octavio Paz e rinviò un trapianto di fegato che lo avrebbe salvato per terminare 2666.
E per il resto - come rispose lui stesso a un giornalista impietoso pochi mesi prima della morte, già devastato dalla malattia - «sul come desidero essere ricordato, questa è una batalla futura». Una battaglia futura.LuMas
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