Ariela Piattelli
da Roma
Per Riccardo Padifici, vicepresidente della Comunità ebraica di Roma, sabato sembrava di assistere a quelle manifestazioni che si svolgono abitualmente a Teheran, Ramallah e Beirut. Eppure, proprio sabato la stessa Comunità ebraica aveva espresso solidarietà al mondo islamico sul caso Calderoli.
Pacifici, questo genere di manifestazioni in cui si bruciano le bandiere dello Stato dIsraele non sono una novità. Che cosa ha pensato sabato?
«Che è tutto nella norma: non è certo la prima volta che assistiamo a questo tipo di manifestazioni vergognose, in cui si bruciano sempre bandiere di Paesi democratici. Insieme alle bandiere date al rogo lo slogan Dieci/cento/mille Nassirya è stato certamente l'atto più grave. Il clima in cui si alimentano questi slogan ci ricorda le manifestazioni dei neonazisti. Una volta a una partita di basket in cui giocava la squadra israeliana del Maccabi comparve uno striscione Dieci/cento/mille Auschwitz, e sono questi gli episodi che ci tornano tristemente nella memoria. Lo slogan di sabato ci offende in primo luogo come italiani: è un affronto al ricordo di quelle vittime, noi abbiamo piantato un intero bosco sulle colline di Gerusalemme alla memoria delle vittime di Nassirya».
In un clima di isolamento dei candidati «estremi» nei partiti, la presenza dellonorevole Diliberto acquista un significato particolare?
«Io non oso più chiamarlo onorevole, per me è il signor Diliberto: lui ha provato a dare la responsabilità di queste azioni vergognose a piccoli gruppi inviati da Calderoli: roba da ridere. Secondo le parole del signor Diliberto la piattaforma della manifestazione era due popoli, due Stati: ci sembra allora incomprensibile come sia potuto accadere tutto questo. Bruciare la bandiera di Israele significa proprio negare lesistenza di uno dei due Stati. È triste vedere che nella nostra città accadano episodi analoghi a quelli di Teheran, Beirut e Gaza».
Diliberto a suo giudizio dovrebbe essere escluso dallalleanza del centro sinistra?
«Certamente sì. Ricordiamoci che il signor Diliberto ha stretto la mano, un anno e mezzo fa, a un leader degli Hezbollah. Fazioni del genere non possono governare, non possono farlo partecipando a manifestazioni in cui si bruciano le bandiere di Paesi democratici come gli Stati Uniti e Israele».
Cos'è cambiato nei rapporti tra ebraismo e sinistra?
«Queste frange di sinistra estrema rappresentano un mondo che non comprende più l'ebraismo di oggi. È vero che con la sinistra abbiamo condiviso molte battaglie, ma dal 1967 (guerra dei sei giorni, ndr) qualcosa è cambiato. Una certa sinistra è con noi solo quando commemoriamo i morti della Shoah. Ma quando si tratta del sionismo, dei morti civili israeliani, degli ebrei che si devono difendere dal terrorismo che attanaglia Israele da 60 anni, allora le cose cambiano e le strade si dividono».
Perché?
«Nella loro percezione queste non sono manifestazioni di antisemitismo, perché vedono solamente Israele come carnefice, mentre in realtà lo Stato ebraico cerca la pace da sempre. Ci conforta che nella sinistra ci sono uomini come Fassino e Veltroni: loro non solo non hanno aderito a quella manifestazione, ma condannano costantemente cortei di questo genere; anche se l'idea di un DAlema, aspirante ministro degli Esteri, che dà la responsabilità ad Israele per la vittoria di Hamas ci preoccupa».
Manifestazioni del genere rappresentano un reale pericolo per il mondo ebraico?
«Credo sia un mondo che si sta estinguendo: sabato a quel triste spettacolo erano presenti 1.500 persone, un numero irrisorio rispetto alle manifestazioni anti-israeliane precedenti».
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