«Le verità non dette da Prodi, Dini e D’Alema»

Molte le contraddizioni nelle versioni dei tre ex premier secondo il consulente Cordova

Gian Marco Chiocci

da Roma

A seconda delle posizioni e delle dichiarazioni fatte, un po’ tutti i protagonisti della politica e dell’intelligence nell’affaire Mitrokhin avrebbero commesso reati che spaziano dall’abuso d’ufficio al falso ideologico, dall’omessa denuncia di reato al favoreggiamento personale ed altro ancora. Ne è convinto Agostino Cordova, ex procuratore capo di Napoli, consulente della commissione parlamentare che indaga sulle spie del Kgb, autore di una relazione dettagliata che il presidente dell’organismo d’inchiesta, Paolo Guzzanti, ha immediatamente girato ai magistrati romani. Vediamo le posizioni politiche più scomode, quelle dei tre premier del periodo incriminato.
Lamberto Dini. Rispetto all’incontro con il direttore del Sismi, Sergio Siracusa, che solo dopo sette mesi dall’arrivo delle prime 132 schede lo avrebbe informato esprimendo il parere «che non si ravvisavano alcuni elementi di reato», che c’erano sette schede sul finanziamento al Pci e ipotizzando un possibile utilizzo del rapporto per «strumentalizzazioni postume» tanto più che la fonte del dossier, ovvero Mitrokhin, «non sarebbe stata disponibile per conferme e o precisazioni» (cosa poi risultata falsa), Dini spiega al pm Ionta di «non averne memoria alcuna». Esclude di aver mai parlato di spionaggio, nega di aver visto schede. Ammette solo di esser stato edotto in modo vago dei finanziamenti Pcus-Pci, fatto già oggetto di indagini da parte della magistratura». Cordova si domanda, con sottile ironia, chi dei due dica il vero.
Romano Prodi. Al pari di Dini, anche Prodi riferisce al pm il 29.10.1999 di «non aver alcun ricordo dell’incontro con Siracusa», di cui parla sempre Siracusa, riferendosi agli accenni fatti su Mitrokhin e sulla spy story da Mosca. Il 5 aprile 2004, consegnando una relazione del Copaco del febbraio 2002, Prodi rettifica la precedente versione ammettendo di essere stato informato «verbalmente» da Siracusa e da Andreatta ma di non ricordare il contenuto del colloquio. Specie quest’ultimo, in data non precisata, «gli aveva fatto cenno a una lista sovietica di presunte spie» arrivata dalla Gran Bretagna. «Con ulteriore contraddizione - osserva Cordova - davanti alla commissione ammetteva di aver saputo dell’operazione Impedian e di aver detto al generale Siracusa di proseguire nelle indagini». Il consulente sfoglia i take dell’Ansa per elencare ulteriori contraddizioni: «Il 5 ottobre ’99 Prodi dice che non avrebbe mai avuto notizia del dossier Mitrokhin, ma due giorni dopo Andreatta ribatte che lui era stato informato e che perciò era impossibile che non lo fossero stati Prodi e Micheli. Lo stesso giorno questi ultimi confermarono la smentita, precisando di non aver mai ricevuto documentazione scritta sulla vicenda». Eppure dalle indagini sono saltati fuori, in date non coincidenti con le dichiarazioni ufficiali, «appunti» e «lettere» del Sismi per mettere a conoscenza il governo (Prodi) sullo stato dell’arte.
Massimo D’Alema. Al pubblico ministero che lo prende a verbale l’ex premier Ds dice di esser venuto a conoscenza del dossier solo il 21 settembre 1999 (dal Sismi), cioè undici mesi dopo esser salito a Palazzo Chigi e in perfetta coincidenza con la pubblicazione del libro, per esserne stato informato dal vicepremier, Sergio Mattarella, a sua volta messo a conoscenza del carteggio dal nuovo direttore del Sismi, l’ammiraglio Gianfranco Battelli. In commissione Mitrokhin, D’Alema conferma tutto ma sposta ad ottobre la comunicazione ricevuta da Mattarella, da lui delegato ad ogni contatto con gli 007. Specifica che non prese mai visione del dossier perché secondo il direttore del Sismi (Battelli) «non esisteva il pericolo per la sicurezza dello Stato», che non aveva avuto mai alcun contatto con i vertici del Servizio per questo dossier, e che erano state svolte appropriate azioni di controspionaggio «nelle misura in cui le carte fornivano elementi utili per poterlo fare», circostanza non corrispondente alla realtà dei fatti stante le sole indagini svolte nel solo archivio del Sismi. D’Alema poi avalla quanto afferma (sbagliando) Mattarella sull’indisponibilità di Vassily Mitrokhin a parlare con gli italiani (per tre volte 007 inglesi lo avevano offerto al Sismi che, a sua volta, aveva sempre rinunciato ad ascoltarlo). Per la cronaca, durante il governo D’Alema arrivarono 25 rapporti che si aggiunsero ai precedenti 236, per un totale di 261. «Orbene - conclude Cordova - appare fuor del comune che il Presidente D’Alema non sia stato informato del dossier prima della sua pubblicazione; e ciò non certamente perché riguardava anche la sua area politica, ma per le stesse ragioni che debbano rilevarsi per i suoi predecessori: egli, infatti, quale Presidente del Consiglio e del Cesis (il coordinamento dell’intelligence) doveva fin dal suo insediamento essere informato di una vicenda così clamorosa, nulla rilevando le informazioni da altri ricevute, atteso che agli atti della Presidenza nulla di scritto era rimasto, e che ogni nuovo Presidente poteva impartire direttive diverse da quelle dei suoi predecessori.

Ove la versione del presidente D’Alema risponda alla realtà, sarebbero attribuibili all’ammiraglio Battelli gli stessi ipotetici reati (continuati) che per il loro comportamento con i presidenti Dini e Prodi». Insomma, se D’Alema davvero non sapeva; una volta che avesse saputo, avrebbe dovuto chiedere conto del silenzio ai Servizi. Cosa che fece anche, e soprattutto, Romano Prodi.
(2.Fine)

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