Ci sperava, Friedrich Vernarelli, che sarebbero venuti in aula a rispondere alle domande del giudice. Ma i due ragazzi ungheresi che la notte tra il 17 e il 18 marzo del 2008 sarebbero stati in sua compagnia nella Mercedes B che travolse e uccise due turiste irlandesi sul lungotevere, allaltezza di Castel SantAngelo, non si sono presentati in Tribunale. E ora il giudice Anna Maria Pazienza, che riteneva rilevante la loro deposizione, potrebbe decidere di disporre una rogatoria internazionale per ascoltarli, anche se questo potrebbe allungare parecchio i tempi del processo. Si saprà il 16 ottobre. Vernarelli è imputato di duplice omicidio colposo, omissione di soccorso e guida in stato di ebbrezza.
La testimonianza di Andras Kozmam e Balogh Zsolt è determinate per lui, se è vero, come racconta, che cera proprio uno dei due amici ungheresi, con i quali quella sera aveva bevuto in un pub, al volante dellauto al momento dellincidente. Per questo Roberto Vernarelli, il papà di Friedrich, per trentanni nel corpo della polizia municipale e poi presidente del XVII municipio, sta facendo di tutto per trascinare in aula i due ragazzi. Ci ha provato anche denunciandoli per omissione di soccorso. «È stato un modo come un altro per fare uscire allo scoperto i due che erano con mio figlio e che il pubblico ministero si ostina a non voler ascoltare», ha spiegato ieri in udienza. Il pm Andrea Mosca, infatti, li ritiene due personaggi ininfluenti ai fini della ricostruzione dellaccaduto: dai rilievi compiuti dopo lo scontro risulterebbe evidente che alla guida dellauto ci fosse Vernarelli, il quale del resto ha ammesso la sua responsabilità nellinterrogatorio di garanzia. Proprio su questo punto ieri è stata ascoltata Paola Papolla, la psicologa che visitò il giovane tre volte dopo lincidente in cui persero la vita Elizabeth Ann Gubbins e Mary Claire Collins. «È possibile che abbia ripetuto una realtà che gli era stata riferita come vera - ha riferito lesperta - Quando lho visto la prima volta era molto confuso e depresso, pensava al suicidio. E ha sempre detto di non ricordare cosa fosse accaduto quella sera».
Ma è stato Vernarelli padre il protagonista delludienza. Lui che in un primo momento si era scagliato con durezza contro il figlio sollecitandolo ad assumersi le sue responsabilità, ora comincia a dubitare che la macchina fosse guidata da Friedrich. «Il dato certo di questa storia oltre al dolore indelebile di quella notte - ha detto - è che forse mio figlio non era alla guida. Abbiamo provato che i due ungheresi erano in Italia quella notte, la giustizia però non fa nulla. Nessuno li è andati a sentire e nessun investigatore ha raccolto le impronte presenti o ricavato il dna nellauto che dallincidente è chiusa in un deposito giudiziario a mie spese. Ci sono sette testimoni che potrebbero aiutare a dipanare la matassa. Invece cè un muro. Io ho trovato anche persone che dicono di aver visto uno dei due ungheresi mettersi alla guida. Tutte queste cose qualcuno le dovrà valutare o no?».
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