Gianandrea Zagato
Continua il tiro al piccione, con i diesse che, sorpresa, non fanno più quadrato in difesa di Umberto Veronesi, il candidato amico. «Il professore non è nostro né di altri» precisa Pierfrancesco Majorino. Premessa che il segretario cittadino della Quercia fa seguire da unavvertenza, «stiamo parlando di una cosa che ancora non esiste» ovvero «per ora Veronesi ha detto solo ci sto pensando».
Virgolettati di chi conosce le regole della politica e sa che le parole sono pietre. Come dire: segnale della segreteria cittadina ds agli alleati dellUnione, la candidatura delloncologo a sindaco di Milano non è vincolante, non è cosa fatta e, quindi, si può sempre trovare un altro concorrente. «La scelta del candidato sarà di tutta la coalizione e di tutte le forze sociali che reclamano il cambiamento» perché, continua Majorino, «il centrosinistra è determinato a un confronto sui contenuti». Garanzia che non cè e non ci sarà nessuna difesa dufficio delle posizioni di Veronesi sgradite nellUnione, da quella pro-Ogm alla competizione nel modello sanitario. Uscita politichese senza infingimenti che si traduce così: Veronesi è un candidato imbarazzante, anche per i Ds.
Messaggio recepito da chi, allinterno dellUnione, non aveva digerito la discesa in campo di Veronesi, in prima fila quelli di Rifondazione e della Margherita. «Loncologo candidato del centrosinistra? Iniziativa in chiaroscuro mentre vogliamo far leva su progetti e idee costruite dal basso e far tesoro delle istanze di partecipazione che hanno segnato la felice, la felicissima stagione dei movimenti» commenta Ezio Locatelli, segretario regionale del partito di Fausto Bertinotti. Valutazione condivisa negli effetti da Nando Dalla Chiesa, «è partita la fase due, quella della scelta del candidato migliore» che, secondo il segretario cittadino della Margherita, «non può essere buttato sul piatto, calato dallalto» comè stato «per Veronesi». Riassumendo: per la scalata a Palazzo Marino non cè solo Veronesi o meglio il padre dellistituto europeo di oncologia «non è» roba «loro», dei ds, e, quindi, di conseguenza, se vuole quella poltrona occupata da Gabriele Albertini deve affrontare le primarie e senza rete. Opzione tortuosa per cassare un nome e cognome considerato di troppo, con sullo sfondo lindisponibilità di Filippo Penati a candidarsi qualora non ci fossero altri politici (e non) di peso in grado di battersi contro il centrodestra, «non si possono prendere in giro gli elettori: per cinque anni governo la Provincia di Milano».
Quadro piuttosto desolante dello stato dei lavori - con il think tank del Cantiere che non produce uno straccio di documento e di programma - con la candidatura dellex ministro della Sanità nel governo Amato a un passo dal saltare perché lui è fortemente indisponibile a dire qualcosa di sinistra.
Veronesi ora imbarazza anche i Ds
Il segretario Majorino riannoda il filo del dialogo con gli alleati contrari: «Il candidato non è nostro né di altri»
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