Ho 26 anni. Sono di Verona. Nicola lo conoscevo solo di nome. Era però amico del mio fidanzato. Era un ragazzo come tanti. Non aveva particolari tendenze politiche... probabilmente della politica nemmeno si interessava... e magari votava pure a destra, nonostante, come ho letto su qualche giornale, avesse il «codino».
Ora non c’è più e rimango fortemente colpita dal fatto che, come sempre, si colga ancora una volta l’occasione per guardare a destra o a sinistra, senza andare oltre, senza chiedersi perché ragazzi di 19-20 anni, che hanno studiato, che sono andati a scuola, che dovrebbero conoscere la storia e gli errori che l’hanno colpita, che non hanno alcun problema economico, che avrebbero tutte le possibilità per passare il tempo in modo diverso, hanno preferito, hanno deciso, hanno scelto di ammazzare con calci e pugni un ragazzo di 29 anni.
Rimango delusa dal comportamento di alcune persone, politici, giornalisti, gente comune, che pur di dare la colpa a qualcosa, pur di trovare un capro espiatorio, fanno riferimento, come sempre, all’appartenenza o meno a un gruppo politico, piuttosto che alle frange più violente di un gruppo di tifosi.
Ma perché nessuno mai si chiede, e lo fa apertamente, ufficialmente, senza attaccarsi a una demagogia che ormai credo abbia stancato tutti, perché ragazzi apparentemente normali hanno bisogno di unirsi a questi gruppi? Perché hanno tutta questa violenza dentro di sé? Perché, nonostante abbiano la possibilità di studiare, di conoscere, si ritrovino ad ammazzare di botte un’altra persona e a non avere il benché minimo rispetto per la vita, la loro e soprattutto quella degli altri?
Non voglio accontentarmi della ragione politica, non credo sia giusto nascondersi dietro a una ideologia. Il problema va ben oltre e non capisco perché nessuno ne parli. Mi rifiuto di accettare che la ragione di tutto ciò stia nella «simpatia» (che ovviamente condanno) verso gruppi neofascisti. Mi rifiuto di crederci perché non può essere sufficiente, perché deve esserci qualcos’altro, perché le cause devono essere altre, perché, a 18-20 anni, l’appartenere a un gruppo di quel tipo (così come a qualsiasi altro gruppo estremista di sinistra) deve per forza essere indice di una «sofferenza», di un «vuoto» che va ben oltre, che coinvolge le famiglie di quei ragazzi, e si allarga a tutta questa nostra società.
La violenza sta a destra così come a sinistra e lo sappiamo benissimo tutti. Basta guardare la storia.
Se vogliamo cambiare qualcosa, se vogliamo sul serio scuotere le nostre coscienze, dobbiamo chiederci tutti il perché cose del genere accadano e il perché non lo troveremo mai dietro una bandiera con la svastica o con la falce e il martello (che di morti ne ha fatti altrettanti).
Ho 26 anni e probabilmente nessun titolo per dispensare giudizi o consigli, ma sinceramente non credo che questo possa proibirmi di dire la mia umile opinione.
Ho 26 anni e sono ormai stanca di questa solita retorica, stanca dell’ipocrisia delle persone che fanno del loro interesse l’interesse di tutti, che presumono di conoscere la soluzione per tutti i problemi e che invece nemmeno riescono a vederli; che non sanno gestire il loro potere e i canali attraverso i quali questo potere si estende, ma si accontentano di «spicciole» e «banali» considerazioni.
Ho 26 anni.
Giulia Beghini
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