Da viale Jenner al metrò: il piano per colpire la città

Arrestati cinque maghrebini per terrorismo. L’attacco sarebbe dovuto avvenire prima delle elezioni 2006 Il leader: «Nel centro islamico lezioni e filmati sulla jihad»

Luca Fazzo e Enrico Lagattolla

«Quando ero in Algeri parlammo del piano jihadista di colpire con esplosivi la metropolitana di Milano. Avremmo realizzato l’attentato attraverso un gruppo di massimo cinque persone che avrei reclutato in Italia. Costoro avrebbero portato uno zaino esplosivo che avrebbero dovuto azionare all’interno della metropolitana. L’attacco sarebbe dovuto avvenire prima delle elezioni politiche al fine di variare il risultato elettorale». È il 16 marzo del 2006. Al voto manca meno di un mese. Il tunisino Mohamed Ben Hedi M’Sahel decide di collaborare con le autorità marocchine che l’hanno da poco arrestato. È lui il principale indagato del gruppo di cinque maghrebini finiti in carcere ieri con l’accusa di terrorismo internazionale. M’Sahel parla. Fa i nomi. Spiega come si muove la cellula qaidista attiva a Milano. E racconta dove germina il seme integralista. «Al centro islamico di viale Jenner insegnavano materie attinenti al jihad». E proprio da viale Jenner - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Simone Luerti - doveva partire l’attacco alla città. «Il cittadino tunisino Houcine Tarkhani, alias Houcine Jendouba, simpatizzante di Al Qaida e del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, ex impiegato dell’istituto culturale islamico di Milano, era stato interessato (dal comando del Gspc in Algeria, ndr) per il compimento di questo piano di azione terroristico». Tarkhani stesso, annotano gli investigatori del Ros, lo conferma in una telefonata intercettata, in cui spiega di gestire un gruppo di soggetti di origine tunisina pronti al martirio.
Il 30 marzo 2006, Tarkhani fiuta l’arresto. Decide di scappare in Francia. E la sua fuga parte la sera stessa, sempre da viale Jenner. Nascosto in un furgone che lo preleva fuori dall’istituto. Lì ha trovato protezione, e lì ha coltivato il suo credo. Lo stesso che ha maturato M’Sahel, il leader del gruppo. Che, nel verbale del 16 marzo di tre anni fa, ricostruisce la genesi del proprio radicalismo.
«Nel 2001 - racconta - ero solito frequentare la moschea di via Padova a Milano. Frequentavo un corso religioso tenuto dallo sceicco Abdallah l’algerino. Inoltre erano soliti venire anche altri sceicchi provenienti dall’estero per svolgere queste lezioni. Per due volte lo sceicco Zemzmi dalla Tunisia ci ha fornito delle lezioni sull’Islam. In questo periodo ho incontrato Ali Dahouadi noto come Almatri. Ali iniziò a parlami di questioni religiose e col tempo abbiamo cominciato a discorrere di questioni attinenti al jihad; in particolare iniziammo a parlare della situazione dei musulmani in Cecenia, Bosnia, Palestina. Inoltre, mi disse che vi erano degli sceicchi nel centro islamico di Viale Jenner che insegnavano materie attinenti al jihad e le regole del jihad per l’Islam. Ali mi diede anche alcuni nastri audio relativi al jihad. Mi disse che vi era un consistente gruppo di persone che lui conosceva che erano state nelle località della Cecenia, Afghanistan e Bosnia per svolgervi il jihad con l’aiuto di persone presenti nel Centro. Quindi ho iniziato a frequentare il centro per pregare e per le lezioni islamiche. Ascoltavo nastri audio relativi al jihad e guardavo video durante gli insegnamenti relativi ai discorsi di sceicchi come Omar Mahmoud Omar alias Abu Qatada al Falastini; ero solito prelevare dal centro alcune audio cassette di inni islamici. Inoltre, ho avuto occasione di guardare un video relativo all’inferno russo. Un altro nastro era relativo al jihad in Bosnia». Sono le pellicole dal fronte. È la Guerra Santa sul piccolo schermo. «Vi era una stanza presso il centro - insiste M’Sahel - in cui i responsabili proiettavano questi filmati jihadisti cui assistevano diverse persone frequentatrici del centro medesimo.

Vi era inoltre una persona nel centro di nome Abdelhalim, algerino, che era solito aiutare le persone che intendevano recarsi a partecipare al jihad». Abdelhalim viene arrestato nel 2001. La sua carriera di fondamentalista è finita lì. Il «cinema Jenner», invece, non ha mai perso il suo pubblico.

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