La vicenda Il discorso dal palco della festa della Lega

Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso, leghista della prima ora, è stato condannato dal Tribunale di Venezia per aver usato parole troppo forti contro gli immigrati e contro la possibilità di aprire moschee in Italia. Gentilini aveva detto la sua dal palco del raduno della Lega di Venezia nel 2008. Parole forti, come è nel costume dello «sceriffo», già noto alle cronache per le sue esternazioni colorite. Ne era seguita una denuncia con l’accusa di istigazione al razzismo. Si va dalle dichiarazioni fatte alla festa della Lega Nord il 14 settembre 2008, per cui è stato condannato e per cui è già pronto un ricorso, fino alla presa di posizione contro i gay quando inneggiò alla «pulizia etnica» nel 2007, con tanto di bacio di protesta davanti al Comune organizzato dalle associazioni omosessuali. E poi l’attacco contro i cani di razza (meglio quelli italiani piuttosto che stranieri), la guerra ai cigni lungo i corsi d’acqua della città, la rimozione delle panchine perché occupate dagli extracomunitari, gli immigrati da vestire da leprotti e da impallinare. Una delle ultime provocazioni è stata quella che «servono figli razza Piave per comandare a Treviso». Il Tribunale di Venezia, in rito abbreviato, ha accolto la tesi dell’accusa condannando Gentilini a 4.000 euro di multa e sospensione per tre anni dai pubblici comizi. L’accusatore era il procuratore Vittorio Borraccetti che aveva chiesto 6.000 euro di multa pari a un anno e 5 mesi di reclusione.

Il difensore di Gentilini, avvocato Luca Ravagnan, ha già annunciato ricorso in appello sostenendo che non c’era alcuna maliziosità contro le razze ma il sostegno a idee ben note nel mio assistito finalizzate all’integrazione tra etnie diverse. Gentilini sostiene di essere sempre pronto a esporsi in prima persona mentre c’è sempre qualcuno pronto a spararmi alle spalle.

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