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Vieira va da Mancini. Ma non avevano litigato?

Stasera il Manchester City annuncerà l'ingaggio del francese, fortemente voluto dall'ex tecnico dell'Inter. Eppure tanti sostenevano che i due non andavano d'accordo. Come si diceva capitasse con Ibrahimovic, che di recente ha elogiato l'ex allenatore

Patrick Vieira se ne va. Giocherà oggi a Verona, poi prenderà l'aereo per Manchester. Manchester City, intesa nel senso della squadra. Guarda, guarda, torna sotto le cure di Roberto Mancini. Il pallone spesso si diverte a gonfiare e sgonfiare le favole. Ma non era proprio lui, l'ombroso francese, un po' spigoloso, ad essere uno dei più acerrimi nemici di spogliatoio dell'ex tecnico dell'Inter? Bisogna sempre andarci cauti. Vieira litigò con l'allenatore dopo una sostituzione in un derby, poi ci furono altri confronti magari duri. Ma l'allenatore conosceva bene il valore del giocatore. Unico dubbio: la condizione fisica, muscoli di seta che troppe volte hanno tradito Vieira.
Mancini ci ha pensato, ha incrociato le dita ed ha deciso di rischiare. Stasera, dopo la partita dell'Inter con il Chievo, il Manchester City annuncerà l'ingaggio del francese che, avendo già giocato in Inghilterra (Arsenal), non avrà grandi difficoltà ad ambientarsi nella Premier League. «Quando sta bene è ancora un grande giocatore», ha sempre sostenuto Mancini. Ora lo piazzerà nel mezzo del campo. Se giocherà una quindicina di partite sarà un affare fatto.
E chissà quanti dovranno rivedere alcuni concetti circa i rapporti del tecnico del Manchester con i suoi giocatori. Recentemente Ibrahimovic si è prodotto in una gran sviolinata, elencando i pregi del suo "ex". «Con uno come lui, il Manchester diventerà forte e vincerà. Sa gestire i grandi giocatori», il riassunto. Vieira ha fatto di più: andrà a raggiungerlo. Ai tempi del distacco si diceva che il francese, lo svedese e Adriano guidavano la truppa degli scontenti, dei contestatori, di coloro che chiesero a Moratti l'allontanamento. Casualmente, o non troppo, nel gruppo veniva compreso anche Materazzi, l'unico rimasto e che definì Mourinho: «Il mio condottiero».

Che l'ha mandato in panchina e tribuna, come quell'altro.

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