Il vigile camorrista forniva certificati falsi così le fidanzate incontravano i boss in cella

Si prestavano a falsificare documenti che provavano la convivenza di persone di sesso femminile legate da vincoli sentimentali con i boss dei Casalesi per consentire loro di effettuare colloqui in carcere nonostante fossero detenuti in regime di 41bis. È quanto emerso dalle indagini eseguite dalla Dia di Napoli e dal nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria che ieri all’alba hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere. I reati contestati sono concorso in falso ideologico aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa e in particolare del clan dei Casalesi fazione Bidognetti.
Le indagini sono state avviate in seguito ad alcune intercettazioni ambientali in carcere e hanno permesso di accertare che due vigili, in servizio presso il comando di polizia municipale di Casal di Pricnipe, roccaforte del clan, erano i «falsificatori». In particolare sono stati verificati tre episodi per attestare le convivenze con le rispettive fidanzate dei primi due figli del boss Francesco Bidognetti, Gianluca e Aniello, e Vincenzo Letizia. Gli indagati sono complessivamente dieci e fra questi vi è anche la figlia del boss Bidognetti, Teresa, che secondo gli investigatori «faceva da intermediaria tra le esigenze dei fratelli e vigili urbani». Le ordinanze sono state emesse nei confronti di Gianluca Bidognetti ma anche di Michele Bidognetti, fratello di Francesco, detenuto, che si è occupato in prima persona di tutta la vicenda. Tra gli indagati anche i due vigili urbani Mario De Falco e Stanislao Ianuese. De Falco è il fratello di Vincenzo De Falco, detto «’O fuggiasco», capo storico dei Casalesi ucciso in un agguato il 2 febbraio 1991. L’esponente della polizia municipale era già stato arrestato nell’ambito del procedimento «Spartucus» e successivamente condannato con sentenza passata in giudicato a due anni di reclusione. Il profilo criminale dell’uomo è stato anche descritto nella sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che il 6 luglio 2001 condannò il vigile a quattro anni di carcere per associazioni di tipo mafioso, pena ridotta in appello a due anni.

«Non può che destare amara meraviglia - scrive la procura di Napoli - la circostanza che De Falco abbia continuato in tutti questi anni ad esercitare le funzioni, ad indossare una divisa e a compiere un’attività pubblica, nonostante quanto già accertato con sentenza passata in giudicato».

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