Villa Crespi, Cannavacciuolo e un nido d’amore

nostro inviato a Orta San Giulio
Il lago è quello d’Orta; il palazzo, in stile moresco, che non è esattamente tipico del Piemonte, è un nido d’amore; la cucina è figlia delle radici campane, Penisola Sorrentina, dello chef, Antonino Cannavacciulo, un nome e un cognone lunghi tanto quanto lui è alto e massiccio. Approdando al nord, ha arricchito di alcune gemme il suo spartito. Difficile ad esempio, immaginare, tra il Vesuvio e Sorrento, una proposta di formaggi che si sviluppa lungo i ripiani di due distinti carrelli. Non perché al sud non ci siano grandi formaggi, ma per le tipologie scelte da Alessandro Giardiello, al quale si deve anche un’intelligente doppia carta dei vini, una per i bianchi (con largo e intrigante spazio per le bollicine, italiane e francesi) e una per i rossi.
Gli equilibri che ha raggiunto a Villa Crespi, Cannavacciulo li riassume in una frase («Il Mediterraneo, in visita al lago, s’innamorò delle Alpi e decise di portar loro in dote i suoi preziosi sapori») che poi declina attraverso tre menù degustazione che non hanno nulla di prevedibile perché la cucina è marcatamente d’autore, anche se nel piatto molti passaggi arditi sono tenuti a basso profilo perché le persone pensino a godersi la serata nel suo complesso, senza tanto stare lì a farsi menate mentali sulle fave di cacao in un agnello o una salsa di yogurt e menta in un antipasto che nasce da scampi leggermente marinati.
Abbiamo i Classici (di lui, non del territorio), l’Itinerario dal Sud al Nord Italia, nel quale le linguine di Gragnano precedono le triglie che a loro volta anticipano l’agnello e poi i formaggi, e il Fuori Pista nel quale si affidano i propri sensi allo chef che a sua volta fare di tutto per esaltarli attraverso «dieci assaggi a mano libera».
Io preferisco scegliere alla carta, magari confrontandomi con chi cucina. Le proposte portano la data di creazione. La Coda di manzo e scaloppa di fegato grasso è del 2001, altre due del 2002, due pure del... Con il 2005 siamo a cinque e il 2006 a otto e nel caso dell’Evoluzione delle burrate: zuppa di scarola, burrata e alici marinate, siamo alla rielaborazione di una ricetta 2004. È un piccolo capolavoro a patto di non perdere qualche ingrediente e mantenere l’insieme nel cucchiaio altrimenti la scarola spara il suo amaro e può non essere gradito.

Di sicuro è a effetto paradisiaco assicurato il Riso, gamberi di Sicilia e limoni (anno 2003), una sorta di volume rosso per il rivestimento del gamberi crudi. Sembra un cervello irrorato di sangue, lì per lì inquieta e strega. La quaglia flirta con le animelle, e il curry? Sorpresa...
E-mail: paolo.marchi@ilgiornale.it

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