Vince la lobby del fucile ma così perde l’Italia

Mentre il mondo intero si interroga su quali provvedimenti siano realmente efficaci per tutelare un ambiente che, con l’arroganza e l’insipienza tipiche della nostra specie, abbiamo degradato fino a procurarci una lunga e lenta agonia all’insegna delle malattie cancerose e degenerative, il Senato del popolo italiano approva un emendamento sul quale anche i cacciatori moderati, quelli che rispettano l’arte venatoria, mugugnano in silenzio. Dovesse, e Dio non voglia, passare anche alla Camera, l’Italia diventerebbe uno dei Paesi più arretrati dell’Europa allargata, in materia di protezione ambientale e faunistica.
Oggi l’attività venatoria si svolge, in Italia, durante il periodo che va da settembre a fine gennaio. Cinque lunghi mesi che vedono decine di specie, tra cui la maggioranza migratorie, falcidiate nei periodi di passo, quando i Paesi più civili concedono, a chi compie quell’arcano e mirabile viaggio che chiamiamo migrazione, di riposare negli specchi d’acqua, nei prati o tra le fronde amiche di piante secolari. Ma per la lobby degli armieri, più ancora per quella dei cacciatori estremisti, cinque mesi non bastano più. Neanche il parere negativo dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, neanche il parere inizialmente negativo dello stesso ministro Ronchi sono riusciti ad arginare gli interessi economici e le passioni selvagge di chi vuole concedere alle Regioni la possibilità di derogare anche sul numero di mesi in cui si può andare a caccia. Questo significa che le Regioni potranno decidere che in agosto o in febbraio si possa continuare a cacciare.
«E così - mi dice sconsolato Danilo Selvaggi, della Lipu - chi si concedeva le prime passeggiate tranquille ai primi di febbraio, dovrà attendere marzo, prima che scompaiano i fucili dal terreno di casa». Si pensi poi ad agosto, con boschi e prati pieni di turisti e i cacciatori che già scambiano regolarmente ragionieri per cinghiali.
Il ministro Brambilla è seriamente preoccupato. «Al di là delle posizioni politiche - afferma - l’Italia è un Paese in cui il turismo fa da volano per l’economia e non può permettersi di sottoporre chi ama stare a contatto con la natura al rischio di essere impallinato, come già tristemente e troppo spesso succede nei canonici cinque mesi di caccia. Un emendamento inaccettabile».
Il paradosso è che tutto ciò avviene nel contesto della legge comunitaria che serve all’Italia per rispondere alle contestazioni della commissione europea. Su questa materia la commissione contesta all’Italia di cacciare «troppo e male», di non prevedere il divieto assoluto nei periodi di migrazione, e di concedere troppe deroghe. «Viste tali premesse - conclude con triste ironia Selvaggi - l’Italia si organizza per cacciare ancora di più e peggio». Naturalmente pagheremo con le nostre tasse le multe che l’Europa ci comminerà per la nostra folle disobbedienza.


Sento già le veementi repliche dei cacciatori, specie di quelli più estremisti (senatore Carrara, sono certo che il direttore è pronto a ospitare il dibattito), però mi si conceda che, dai cacciatori moderati e saggi (e ce ne sono!) mi aspettavo una presa di posizione netta e contraria circa un provvedimento che disonora i puristi dell’ars venandi e che, se disgraziatamente dovesse passare alla Camera, si tramuterà in una vittoria di Pirro per la maggioranza che ne ricaverà una sonora perdita di suffragi elettorali. Meditate, onorevoli parlamentari, quando sarà il vostro turno di decidere.

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