Il Vinitaly alla prova del palloncino

Noi italiani, presi singolarmente, siamo speciali soprattutto nel bene. Noi italiani, presi come popolo, come un tutt’uno, siamo speciali ma, purtroppo, soprattutto nel male. A diversi ad esempio sembra normale che si raffini olio esausto per ridargli una forma di “vita” accettabile e buggerare così gli acquirenti. Ed è impossibile in questi giorni non avere letto della mozzarella di bufala alla diossina e sarà anche bieca propaganda anti-italiana, però ricordo chi, una decina di anni fa a Salerno, mi faceva notare come si producesse più mozzarella di bufala che latte di bufala. Il trucco? Latte vaccino, più economico anche a livello di prodotto finale, il fiordilatte, spacciato per bufalino... Siamo furbissimi.
E ora che si sta per aprire a Verona la 42ª edizione del Vinitaly, massimo evento fieristico nazionale dedicato al vino (come il contemporaneo Sol lo è dell’olio), giovedì 3 la prima giornata, lunedì 7 l’ultima, fa capolino il caso Brunello di Montalcino subito battezzato Brunellopoli. I primi a scrivere di un potenziale scandalo, come l’americano James Suckling e dalla “bibbia” di Wine Spectator, sospettavano di vino pugliese usato per aggiustare un vino toscano che dovrebbe essere prodotto non solo con uve del posto, ma esclusivamente uve Sangiovese. La cosa è stata ufficialmente smentita (anche) dalla procura di Siena, che sul tema sta indagando e non da un paio di settimane. Ma per un lato felice della medaglia («Non è vero - scrivono in una nota il procuratore della Repubblica di Siena Nino Calabrese e il pm Mario Formisano - che nella produzione di Brunello siano state impiegate uve provenienti dalla Puglia»), ve ne è un secondo da far arrossire. Il sospetto è che nelle bottiglie di Brunello finissero anche tagli di uve internazionali, Cabernet e Merlot, Syrah e Petit Verdot, coltivate sul posto dalle stesse cantine sotto indagine. Tutto in famiglia insomma. Fosse vero, non è una gran bella consolazione sapere che la truffa era casalinga e prescindeva dalle cisterne che partono dal Sud piene e vi tornano vuote. Pratica quest’ultima denunciata mercoledì dall’Ais Lombardia sul Sole-24 Ore a livello di bollicine bresciane.
Di certo il vino italiano non aveva bisogno di questo e l’immagine dell’Italia dell’alimentare nemmeno. Tra l’altro il 2007 è l’anno del crollo produttivo di vino. L’Italia ha prodotto, nel 2007 sul 2006, il 12% in meno (43,5 milioni di ettolitri in tutto). Non è sola: Francia -11% (46,2 milioni), Spagna -5%, Portogallo -22%, Grecia -13% per un totale di 18,5 milioni di ettolitri persi. Si consuma comunque più vino, grazie ai nuovi mercati. Quelli europei sono condizionati da nuovi stili di vita e dai controlli di chi guida, al punto che gli organizzatori (a proposito, biglietto di ingresso alla fiera 35 ) hanno pensato bene di dare vita, nel palazzo della Gran Guardia in piazza Bra, all’interno delle degustazioni legate a «Vinitaly for you», 12 per 3 degustazioni a scelta, al programma «O guido o bevo».

Non si può più pensare di abbinare le due cose e così il mondo del vino cerca di giocare di anticipo per evitare che sia il legislatore a entrare con ben maggiore severità. Certo che quando si parla di piacere del vino si intende(va) ben altro.

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