La vita è come le comiche. E questo è una tragedia

Lo scrittore irlandese racconta una coppia di vagabondi. Risate alla "Stanlio e Ollio" ma il lettore alla fine resta di sasso

La vita è come le comiche. E questo è una tragedia

Samuel Beckett era un uomo serio. Per questo rifuggiva il serioso, il verboso e il retorico. Lo scrittore irlandese amava James Joyce, Dante Alighieri, Stanlio e Ollio, i fratelli Marx, Charlie Chaplin e Buster Keaton (per il quale scrisse il cortometraggio Film ).

Nel 1946, lo scrittore dublinese trapiantato a Parigi sceglie il francese come lingua d'arte. Inizia la stesura di una serie di capolavori, che lo porteranno al Nobel nel 1969. Il primo tentativo però va male. Il romanzo Mercier e Camier (a cura di Chiara Montini, Einaudi, pagg. 146, euro 18) non trova editore. Rimane in un cassetto fino al 1970. Intorno a quella data, Beckett decide di pubblicarlo anche in inglese, e lo traduce (uscirà nel 1974). Mercier e Camier è un romanzo comico. Comico in che senso? Il regista della «prima» assoluta di Aspettando Godot , sorpreso dalle gag, chiese lumi: il pubblico doveva... ridere ? Beckett rispose: «Niente è più grottesco del tragico». Concetto precisato in Finale di partita : «Niente è più comico dell'infelicità». Ma già in Mercier e Camier , a suggello di un passaggio sulla disperata condizione umana, si legge: «In ogni situazione la natura ci invita al sorriso, se non al riso».

Samuel Beckett non strizzava l'occhio al lettore. Neanche nella commedia. Mercier e Camier rimanda tanto a Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert quanto a Stanlio e Ollio. Non per questo è un libro «facile». È comico e tragico, superficiale e abissale, stupido e intelligente, immediato e sperimentale. Le vie di mezzo, quelle della narrativa tradizionale, non sono prese in considerazione. Mercier e Camier, la coppia di protagonisti, alternano battute puerili a riflessioni spietate. Un passo fornisce istruzioni demenziali per migliorare i pantaloni: «Il pantalone maschio si è impantanato nel tran tran, specialmente la patta, che bisognerebbe riportare sul cavallo, a mo' di bascula da cui, indipendentemente da qualsiasi sordida questione di minzione, i testicoli potrebbero uscire a prendere aria, pur rimanendo nascosti ai curiosi. Le mutande sarebbero naturalmente da correggere in tal senso». Il passo successivo è leopardiano, e non per modo di dire, visto che Beckett era un ammiratore delle Operette morali : «Contrariamente a un'opinione diffusa, ci sono luoghi nella natura dai quali Dio sembra assente». Una coppia, si diceva. Camier: «Rubicondo, capelli radi, triplo mento, pancia a pera, gambe storte, occhietti da maiale». Mercier: «Un tipo alto, magro, barbuto... che quasi non si regge più in piedi. Sembra cattivo come una vipera». Mercier e Camier si mettono in viaggio per abbandonare finalmente Dublino, mai nominata ma riconoscibile. Cercano di allontanarsi senza mai riuscirci. Al primo appuntamento continuano a incrociarsi ma non si incontrano mai, non sanno dove legare la bicicletta, piove a dirotto, si rompe l'ombrello, litigano con un oste, incappano in un poliziotto, fanno strani incontri. Insomma, c'è sempre qualcosa che fa in modo che la partenza finisca (letteralmente) a puttane ogni sera. Nel frattempo i due chiacchierano, chiacchierano, chiacchierano. Mercier e Camier sono i fratelli maggiori della più celebre coppia beckettiana, Vladimiro ed Estragone, i protagonisti di Aspettando Godot . Anche in Mercier e Camier , all'apparenza, nulla succede. In realtà, annegati nel fiume di discorsi senza capo né coda, avvengono molti fatti, incluso il terrificante omicidio di una guardia.

Nel finale Beckett scopre le carte. La perenne indecisione di Mercier e Camier irride lo stallo esistenziale in cui «si intravede quello che si sarebbe potuti essere, se non fosse stato necessario essere ciò che si è, e non capita tutti i giorni di poter spaccare in quattro un capello di questa qualità. Perché una volta vivi, picche». Prendere una strada significa precludersi tutte le altre, rinunciando a parte di sé. Mercier è la copia sputata di Beckett. Camier il suo contrario. Sono due versioni simultanee dell'autore, utili a sperimentare, almeno in parte, le possibilità dell'essere, o come dice Mercier «l'inoffensiva follia di sentirsi essere, di essere stato». Purtroppo non c'è soluzione. Tutto può accadere, nulla sembra accadere, qualcosa accade ma non siamo in grado di trovare un senso. E allora «si fa quel che si può, ma non si può niente. Ci si contorce, e contorce, per finire la sera allo stesso punto del mattino». L'uomo esausto, spiega Mercier, «si consacra, una volta per tutte, alla sete e alle tenebre. È meno snervante. Ma scusami, ci sono giorni in cui l'acqua e il fuoco invadono i miei pensieri».

Beckett, dopo aver iniziato con le

comiche, pianta un coltello nella schiena del lettore e forse si concede un sorriso. La superficie celava l'abisso, il cazzeggio è stato inghiottito dall'oscurità. Al lettore ferito restano l'acqua e il fuoco. Non è poco.

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