Vita, morte e misteri del drammaturgo inglese che si firmava Willm Skaksp

È quasi certamente l’autore di teatro più conosciuto al mondo. Sicuramente è lo scrittore più stampato di tutti i tempi: si parla all’incirca di quattro miliardi di copie nel corso dei secoli.
Eppure di William Shakespeare sappiamo veramente poco. Nell’immaginario popolare il «Bardo dell’Avon» ha ormai assunto i tratti di Joseph Fiennes che lo ha interpretato in Shakespeare in love. Per i più dotti e specialisti il suo viso è, anche senza volere, quello del cosiddetto «ritratto Chandos», dove è meno aitante e più calvo (ma sempre con orecchino da dandy). Il quadro è dell’epoca ma che il volto tela sia davvero quello del drammaturgo del «Globe» nessuno può garantirlo. Esattamente come fatichiamo a datare e quantificare le sue opere, gli spostamenti, le letture, le traversie o le gioie della sua vita. Non siamo sicuri nemmeno sulla grafia del suo nome. E non lo era nemmeno lui, visto che nei suoi rari autografi si firma: «Willm Skaksp», «William Shakespe», «Will Shakspere» ecc.
Ce n’è abbastanza perché sul personaggio siano fiorite le più bizzarre fantasie: Shakespeare come nom de plume di Francis Bacon o addirittura della regina Vittoria, Shakespeare come traduzione del cognome italiano Crollalancia... Sino alla recentissima trovata secondo cui l’autore di Amleto sarebbe una signora ebrea.
In mezzo a queste complicatissime teorie ha provato a fare un poco d’ordine Bill Bryson con il suo Il mondo è un teatro. La vita e l’epoca di William Shakespeare (Guanda, pagg. 246, euro 15, trad. Stefano Bortolussi). Sfogliando le sue pagine si scopre ciò che di certo sappiamo sull’autore. Che, in fondo, non è poi così poco. Anzi, è molto di più di quel che conosciamo di suoi contemporanei culturalmente rilevanti come Christopher Marlowe o Thomas Dekker. La cosa più interessante del libro di Bryson è però la complessa ricostruzione di un’epoca, di quella Londra in gigantesca espansione che attorno al padre del teatro inglese pulsava e viveva. Leggendo se ne scopre tantissimo. E pazienza se sul grande William siamo costretti a limitarci ai pochi veridici fatti.

Se è vero che gli uomini sono lo specchio dei tempi, è anche vero che i tempi sono lo specchio degli uomini. Con buona pace delle signorine che hanno spasimato per lo Shakespeare del grande schermo e per i cacciatori di misteri a tutti i costi.

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