Vita da star Vasco, Blair e Mina insegnano la saggezza di dire basta prima del tramonto...

Vita da star Vasco, Blair e Mina insegnano  
la saggezza di dire basta prima del tramonto...

Standing ovation per Va­sco, la meglio ovation di un' ir­ripetibile carriera. Qui non si tratta di essere suoi fan, più o meno esaltati, più o meno spe­­ricolati: si tratta soltanto di gu­stare il grande tocco di classe. Ci vuole una certa forza per re­stare sempre padroni di se stessi e del proprio tempo. Per non lasciarsi mummificare in un'età, in una figura, in un ruo­lo­che il mondo pretende di as­segnarci e di non cambiarci più. Serve molta umanità e serve tanta intelligenza, forse persino del genio, per capire e gestire la cadenza delle no­stre diverse vite, per cogliere gli attimi giusti e non sbaglia­re le mosse. Evidentemente Vasco Rossi è uno di questi in­dividui- pochissimi, impareg­giabili - , che restano sempre titolari del proprio essere, più forti delle malinconie e delle convenienze. «A sessant'anni - ci ha detto - uno non può più fare la rock star, non ha più il fisico». Da prendere e da girare per com­petenza ai suoi coetanei di tut­ti i ceti e di tutte le estrazioni, a quella particolare specie di sessantenni che non hanno mai lasciato il tempo delle me­­le, o delle canne, atteggiando­si nel modo più improbabile e impresentabile, totalmente insensibili al senso del ridico­lo, fieri di diventare patetiche controfigure di se stessi. Ce ne sono sul palcoscenico, ma ce ne sono in tutti gli anfratti del­la vita: pretendono di convin­cere e di convincersi che il tempo non li abbia cambiati, che l'età non imponga un sag­gio adeguamento di compiti, di idee, di ruoli, di stili. Li si in­contra vestiti come i loro nipo­ti di prima liceo, con quelle pietose tinte sui capelli, con quelle panze debordanti fuo­ri dai jeans a vita bassa, con quei look surreali che sicura­mente attirano l'attenzione, ma non come pensano loro. Vasco no. Evidentemente Vasco è di una pasta particola­re. È tra quelli che sanno dire basta nel momento più giu­sto, il più difficile: non lo dico­no ai primi segnali di declino, lo dicono proprio quando si trovano al massimissimo del successo personale, sulla cre­sta della cresta dell'onda. L'annuncio ha già gettato nel più tetro sconforto moltitudi­ni di blaschi giovanissimi e at­tempati, questa sua multicolo­re, multietnica e multigenera­zionale platea che l'ha sem­pre visto come un mito viven­te e un modello da replicare. Ma Vasco è molto chiaro: «Continuerò a scrivere canzo­ni. Magari farò dei concerti all' improvviso, vado in un posto e mi metto a suonare. Ma la rock star basta, non ho più l'età». Non è un addio, è una scelta ancora più raffinata: è la scelta della libertà. Quando le catene di un certo personag­gio cominciano a stringere, qualcuno riesce a romperle con un possente strattone. E ad accettare le opportunità di una nuova stagione. La vita presenta diversi di questi cambiamenti: da picco­li si chiamano crescite, poi ad un certo punto smettiamo di chiamarle così, ma tali resta­no. Si cresce e si cambia sem­pre, anche a cinquanta, a ses­santa, a ottant'anni. Ogni età ha il suo programma. Bisogna solo capirlo, accettarlo, gover­narlo. Purtroppo, non è così facile. Qualcuno ce la fa, a co­sto di rompere il bel giocatto­lo della popolarità mondiale, scegliendo una zona defilata dove sentirsi più adeguati, all' età e al tempo che scorre. Cer­to, i casi illustri non sono mol­ti. Sicuramente Brigitte Bar­dot, sicuramente Mina, sicu­ramente il geniale Salinger del «Giovane Holden», sicura­mente il tennista Bjorn Borg, sicuramente persino Tony Blair (ho provato a cercare po­­litici nostri, ma la ricerca è tutt' ora in corso). Altri invece mettono la zam­pa nella tagliola e si lasciano travolgere dalla sindrome di Dorian Gray, barattando la propria anima con l'illusione di non invecchiare mai. Nello sport è frequentissimo: da Ar­mstrong a Schumacher, pas­sando per una lunga sequela di pugili suonati, tanti invinci­bili si sono ritirati al momento giusto, al massimo dello splendore, ma poi si sono sbat­tuti via per la letale incapacità di inventarsi in un altro modo e in un altro mondo, ripresen­t­andosi nella replica più imba­razzante di sè. Al punto di successo musi­cale in cui si trova, al grado di adorazione popolare in cui sguazza, Vasco diventa il mas­simo degli esempi virtuosi. Ha appena riempito un tot di San Siri con indimenticabili concerti live, potrebbe tran­quillamente andare avanti per inerzia altri anni ancora. Invece niente: gioca d'antici­po, lascia la scena prima di ri­salirci inevitabilmente da po­vero pagliaccio. Non è da tut­ti, Eh Già. E comunque su con la vita. Non finisce niente.

Va­sco si dimette da rock star, non da artista. Un artista vero non si dimette mai dal suo bel­lissimo destino. Sarà solo un po' diverso. Anche a sessant' anni, sapendola pilotare be­ne, la vita può illuminarsi di un'altra Alba Chiara.

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