da Compiano (Parma)
«Il protagonista ceceno del primo jihad contro la Russia, un missionario libertino di Piazzano e lavventuriero del 700: queste sono le tre anime che si intrecciano nel protagonista del mio libro, Sheyk Mansur il Vittorioso, ma anche Padre Giovanni Battista Boetti. In questa storia, che mi è costata otto anni di ricerche darchivio, cè una lezione di tolleranza: nel Settecento sinagoghe e chiese stavano affiancate e persino Caterina di Russia imparò la tolleranza non dai philosophes, ma dal Sultano. Poi, linsorgere di un Islam troppo combattivo ha cambiato le cose».
Così Serena Vitale, vincitrice della 17ª edizione del Premio Pen Club Italiano, ci ha raccontato il suo romanzo, Limbroglio del turbante (Mondadori), che ha staccato di oltre 60 voti il secondo classificato, Silvio Ramat (Tutte le poesie, Interlinea) e di un centinaio la star della giornata, Roberto Saviano. Giunto ieri sotto scorta nel borgo medioevale di Compiano per il premio, accolto da applausi per Gomorra (Mondadori), il superbestseller sul «Sistema» camorra, Saviano ha dichiarato: «Per gli scrittori è necessario raccontare il potere, anche come valore artistico, come dimostrano Pamuk, Rushdie e la Politkovskaya. A esempio io oggi sono qui, a Parma, uno dei luoghi dove la criminalità organizzata ricicla più denaro in Italia».
Ultimi classificati, Vittorio Messori con Emporio cattolico (Sugarco) - «Ma quasi la metà dei nostri soci non ha simpatie cattoliche» ci confessa dietro le quinte il giornalista e scrittore Lucio Lami, anima del premio, che da questanno ha lasciato la presidenza al collega e poeta Sebastiano Grasso - e Franco Cardini, assente giustificato, con Il signore della paura (Mondadori). Premiazione affollatissima in piazzetta, con belvedere sulla Val di Taro.
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