Nel seminario dei Padri Rogazionisti di Roma, a un passo dalla basilica di San Giovanni, si celebra la consueta funzione pomeridiana e Lucio Scalia, trentacinquenne siciliano, intona al pianoforte l'Ave Maria di Schubert, mentre si stupisce ancora per la scelta che da tre anni ha modificato le sonorità della sua vita. «Ero un metallaro, vivevo le mie storie d'amore e cercavo soddisfazione nei piaceri terreni - racconta -. Facevo l'animatore nei villaggi turistici, giocavo a pallavolo nella serie A giovanile e impazzivo per il rock dei Kiss e degli Iron Maiden. Poi, quattro anni fa, è cambiato tutto, la malattia di mia madre e il viaggio in un'Albania in condizioni estremamente difficili, mi hanno messo di fronte a una realtà durissima che mi ha fatto riflettere: ho detto addio definitivamente al Lucio vecchio, al suo posto cè un Lucio più disponibile, meno egoista». Un imprevisto, «un incontro, una scelta mirata - continua - verso strade spirituali consapevoli, quelle del cammino vocazionale». Un cambio di rotta oggi frequente che, secondo le stime della Cei, coinvolge sempre più giovani adulti, in media tra i venticinque e i quarant'anni, che si lasciano alle spalle vite cosiddette normali, per entrare in seminario. Un fenomeno del terzo millennio che coinvolge uomini già formati, spesso laureati, con un passato fatto di attività professionali e storie d'amore serene.
Lorenzo Celi, diacono trentaquattrenne veneto, laurea in giurisprudenza ed esperienza in uno studio tributario, dopo l'impegno in una fondazione internazionale di aiuti allo sviluppo, è entrato cinque anni fa nel Seminario Vescovile di Padova. «Aspettavo il concorso per diventare magistrato, poi è arrivata la chiamata e ho cambiato rotta. È stata una risposta al Signore - spiega Lorenzo - una crescita interiore, influenzata da esperienze maturate durante la preparazione al Giubileo e da figure fondamentali come il parroco del mio paesello in Valstagna e il pontefice Giovanni Paolo II». Percorsi in contrasto con l'età delle ordinazioni nei primi decenni del secolo scorso, quando i sacerdoti venivano consacrati appena maggiorenni. L'annuario statistico della Santa Sede conta ottocento ordinazioni a livello nazionale negli ultimi due anni, il 40 per cento dei nuovi sacerdoti ha unetà superiore ai trentacinque anni. Tante le storie dietro ogni esperienza, alcune sorprendenti. Ulisse Zaggia, 40 anni, seminarista diocesano, laureato in farmacia, ex informatore scientifico, racconta il suo passato sentimentale prima della vocazione. «Ho sempre condotto una vita normale - spiega. Qualche fidanzatina, poi la storia seria, quella che ha rappresentato la chiave di volta delle mie scelte». Dalla prospettiva di una famiglia, frequentando la parrocchia con la compagna, di fronte ad Ulisse si palesa inaspettato l'incontro con la fede. «L'appuntamento non previsto con il Signore ha rimesso in discussione le mie convinzioni - confida al punto da farmi abbandonare la prospettiva di una famiglia per dedicarmi a questa missione». La fede però è messa continuamente alla prova, spiega Lorenzo Celi: «La solitudine si fa sentire e a volte sembra prevalere l'esigenza di condividere la vita con una donna, ma le comunità, sia quella del seminario che quella della parrocchia, aiutano a tornare sui propri passi». Per Giovanni Stefanelli, trentaduenne, napoletano, rogazionista, ex conducente di autobus, oggi in Messico come volontario, la vocazione è anche «una rinuncia, un no che va integrato con la dimensione dell'offerta della propria vita a Dio, alla Chiesa, ai fratelli». A quei fratelli che ha raggiunto a Guadalajara.
«Certezze sostenute dal cuore, non sempre appoggiate dalle famiglie» spiega Pierpaolo Battistoli, quarantotto anni, ex preside, fino all'anno scorso insegnante di inglese in una scuola media di Garda, ora nel Seminario Maggiore di Verona. «Ho avvisato tutti all'ultimo momento, in un primo tempo mia sorella mi ha rimproverato di averle scombussolato la vita con questa decisione. Oggi ha superato lo choc e sono felice di sapere che è fiera di me». Soddisfazione quindi per «un impegno anche gravoso che richiede una vita cristallina» continua Pierpaolo, convinto che «l'esempio di una vita spesa al servizio di Dio e della Chiesa, sia l'aspetto più significativo per comprendere il miracolo e il mistero di una scelta del genere». Un cammino fatto anche di fragilità da affrontare ogni giorno. «Le certezze non esistono - ammette Mirko Zoccarato, grafico pubblicitario trentaseienne, seminarista a Padova - i dubbi spariscono quando penso alla serenità che il Signore mi regala quando immagino la mia vita in un futuro da prete». Un futuro a contatto con la vita parrocchiale per i seminaristi diocesani o rivolto ad esperienze di preghiera e carità per chi sceglie gli Istituti di vita consacrata. «Cambiare orizzonte non è costato tanto e sono pronto a dare il mio contributo in qualsiasi parte del mondo» racconta Maurizio Lollobrigida, da un anno nel seminario salesiano di Genzano. «Una scelta del genere - precisa - va fatta con amore, per amore degli altri, per amore di Dio e quello che potrei dare a una mia famiglia, adesso lo offro senza limiti a tutto il mio prossimo». Convinzioni comuni accompagnate dall'appagamento dei seminaristi. «Vorrei sorprendermi per tutta la vita di questa decisione ma soprattutto mi stupisco che il Signore abbia scelto me, che vivo quest'avventura ogni giorno come se fosse il primo». Un'avventura che Ulisse riassume con un esempio semplice.
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