Le voci del cinema danno l'Oscar ai divi del muto

Delizioso, geniale, un po' palloso. I doppiatori italiani premiano "The Artist": "Basta che non diventi una moda..." Guarda il trailer

Le voci del cinema danno  l'Oscar ai divi del muto

Delizioso, geniale, un po' palloso. Unico. Perchè vincerà pure l’Oscar ma, per fortuna, di film così non ne faranno più. Intanto, zitto zitto, The Artist ha ipotecato i Golden Globe, sei nomination, più di qualsiasi altro film, e lasciato Cannes senza parole. Applausi, sorrisi, pubblico così così, ma zero critiche. Piace perchè è un film che non parla tra tanti film che non dicono niente. Piace perchè è in bianco e nero in un mondo che non conosce più sfumature. Piace persino a chi non dovrebbe piacere, alla Filarmonica di voci più prestigiosa del mondo, la premiata Scuola italiana di doppiaggio, che come quella di Magia e Stregoneria di Hogwarts è abitata da gente misteriosa, che vive nell’ombra, ma che sa sempre quel che dice.

Alle Voci il film senza voce è piaciuto. E a sentire (almeno al telefono...) Harrison Ford, Julia Roberts, Nicole Kidman e Tom Hanks l’Artista del muto si merita persino una statuetta. Roberto Pedicini, il Patrick Swayze di Dirty Dancing, il Kevin Spacey dei Soliti sospetti, lo stesso successo, o quasi, lo ha ottenuto facendo l’opposto, con Jack Folla, fiction radio fine anni Novanta dagli ascolti spaventosi. Solo con la voce, senza immagini. Provoca: «I difetti non devono decretare la qualità di un’opera, e questa è un’opera particolare». Il difetto è la voce che non c’è: «Ma la voce dà forma ai sentimenti, non passerà mai di moda, solo la telepatia potrà sostituirla». L’Oscar? Perché no: «Se emoziona lo merita. A me emozionano anche certi video, bellissimi, che trovo su youtube». Francesco Pannofino, lo stesso successo, o quasi, lo ha ottenuto mettendoci la faccia in Boris, come Renè Ferretti. Ma chi lo sa che è lui, la voce di George Clooney ovunque tranne che nella pubblicità della Nespresso, che fa parlare Forrest Gump? «Non ho pregiudizi, nessuno scandalo se The Artist vince l’Oscar. É una perla rara, un piccolo capolavoro di coraggio, ma non l’inizio di una moda». E perché c’è un altro perché: «The Artist in fondo è la madre di tutti noi doppiatori, George Valentine, divo del muto che viene cancellato da una nuova tecnologia chiamata sonoro. La voce ha spazzato via un’intera generazione di attori. Magari noi con la nostra li avremmo salvati tutti...».

Anche Michele Gammino, l’Harrison Ford di Indiana Jones, il Richard Gere di Pretty Woman, è per l’Oscar. Ma per esclusione: «Non vedo film che lascino tracce, non è un grandissimo momento». Perché ha successo? «Perché pochi in realtà hanno visto un film muto, è un’antichissima novità, un caso isolato comunque».

Per Chiara Colizzi, Uma Thurman in Kill Bill, Kate Winslet in Titanic e Nicole Kidman ovunque, il muto non è un limite: «Io non ho mai sentito la mancanza della voce di Charlot...». E la chiave del successo in fondo è facile: «Proprio perché non parla arriva a qualunque pubblico con facilità». Di certo è curioso che in un mondo che non ha mai comunicato così tanto a piacere sia un film senza parole. Cristina Boraschi, Julia Roberts in Pretty Woman, ma anche Meg Ryan in C’è posta per te: «Trovo adorabile che piaccia: è un piccolo ritorno alla semplicità che fa bene. Anche se dopo un’ora un po’ di noia ti viene». E se Chiara Colizzi si tappa le orecchie: «Il massimo della meraviglia è il silenzio: troppo rumore nel mondo, siamo inquinati dai suoni», Claudio Sorrentino, il Ricky Cunnigham di Happy Days, il Mel Gibson di Bravehart, alza l’audio: «La vera sfida sarebbe doppiare il cinema muto, sostituirsi ai sottotitoli: dare voce a Rodolfo Valentino per esempio». L’idea dell’Oscar gli piace poco: «Sarebbe come premiare un attore di novant’anni fa che nemmeno parla».

Ma c’è nel cinema prossimo futuro una rivoluzione paragonabile all’avvento del sonoro? Per Gammino lo è già il 3D, «o la quarta dimensione». E Cristina Boraschi: «Con l’aria che tira la grande novità del futuro sarà un film recitato da attori veri...» Che dire: parole sante.

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