Luca Pace
da Milano
A Piazza Affari torna di moda il buy back. A rilanciare le operazioni di acquisto delle proprie azioni è stata Generali. Il Leone di Trieste lo scorso 6 marzo ha annunciato che metterà sul piatto 1,8 miliardi di euro, pari a circa il 4,3% del capitale, per acquistarsi i propri titoli. Lindomani è toccato a Telecom Italia sorprendere i propri azionisti premiandoli prima con un aumento del dividendo del 28% a 0,14 euro e poi con lannuncio di un buy back fino un miliardo di euro. Che verrà con tutta probabilità fatto sulle azioni di risparmio. Due giorni dopo seguono Mediaset e Mondadori. Il gruppo del Biscione proporrà ai soci un buy back fino al 10% di capitale dal 3,7% che già possiede. Stessa percentuale anche per Mondadori. In questi due casi si tratta di rinnovo delle deleghe. Infine, ultimi in ordine di tempo, i Benetton che ieri con la loro Autogrill hanno annunciato di voler proporre allassemblea un buy back di 2 milioni di azioni. In realtà si tratta di una spesa limitata, circa 24,8 milioni di euro (0,7% del capitale).
Fatti due conti, se solo le future assemblee delle società che hanno annunciato il buy back ratificheranno la proposta dei loro cda, nel solo S&P/Mib si riverseranno circa 3,7 miliardi di euro. «Una cifra davvero importante commenta Marco Opipari, responsabile ufficio studi di Rasbank -. I motivi per usare questo strumento finanziario sono due: la società ritiene sottovalutati i propri titoli e dispone di una forte liquidità». Per Alessandro La Scalia, analista di Banca Intesa, «per gli azionisti che risiedono allestero dove i capital gain (guadagni azionari) sono meno tassati dei dividendi, il buy back assume anche una convenienza fiscale». Negli Stati Uniti storicamente le cedole sono inferiori alle nostre per una diversa tassazione, mentre il buy back è uno strumento molto più utilizzato. «Ma non sempre il riacquisto di azioni proprie è un buon segnale», avverte Marco Corsiglia, analista di Intermonte: «Se da un lato i manager con questo strumento danno un forte segno di fiducia nel gruppo che guidano e su cui hanno unottima visibilità, dallaltro sottolineano di non aver idee migliori per sviluppare il business e restituiscono i soldi agli azionisti». Una situazione di stallo, a cui si è arrivati dopo anni di forti tagli costi, con società che ormai sono efficienti e generano molta cassa ma faticano a trovare nuove idee di investimento.
«Di fatto le società che hanno annunciato il buy back sono quelle che hanno sottoperformato lindice come le Telecom e i media, mentre Generali col buy back ha voluto assicurare il mercato sulla bontà del proprio piano triennale appena lanciato», spiega Opipari.
Il mercato però non ha accolto in maniera univoca queste operazioni.
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