«Vogliono farci passare per terroristi perché lottiamo per l’autodeterminazione»

«Il presidente Hu Jintao oggi è nel vostro Paese, vorrei dirgli, tramite il Giornale, di dire la verità su quanto successo a Urumqi e su perché è successo. Se crede nei diritti umani deve aprire un'inchiesta, raccontare la verità sui fatti della notte tra il 25 e il 26 giugno nella provincia di Guangdong. Quella notte 80 lavoratori uiguri appena assunti in una fabbrica di giocattoli sono stati massacrati da una folla di cinesi. Le autorità non hanno arrestato i responsabili e hanno messo a tacere la vicenda. La rivolta di Urumqi è scoppiata per protesta contro quella strage che Hu Jintao e gli altri leader cinesi vogliono tenere nascosta. Pechino deve mettere fine alla discriminazioni contro noi uiguri. Hu Jintao deve impegnarsi con l'Italia e il resto del mondo».
Dolkun Isa, 43 anni, segretario generale del «Congresso Mondiale Uiguro» non è esattamente il tipo di persona con cui un presidente cinese ama confrontarsi. Fuggito in Turchia dopo aver guidato negli anni Ottanta le prime proteste degli studenti uiguri dello Xinjiang, vive a Monaco di Baviera ed è considerato da Pechino un pericoloso leader separatista.
«Non siamo separatisti - replica Dolkun Isa in un’intervista al Giornale - questa è un'altra bugia cinese, vogliamo solo decidere se stare con la Cina o no. Fino al 1949 vivevamo nella Repubblica indipendente del Turkestan orientale, poi siamo stati occupati dall'Armata di Mao e abbiamo perso tutto. Vogliamo riconosciuto il nostro diritto all'autodeterminazione».
E i legami con Al Qaida? Quattro uiguri erano detenuti a Guantanamo, Pechino vi attribuisce una serie di attentati...
«Tutte montature. Non abbiano nulla a che fare con il terrorismo e le indagini svolte su di noi negli Stati Uniti e in Germania lo provano. Quei quattro poveretti catturati in Afghanistan erano nel posto sbagliato nel momento sbagliato. La Corte Suprema di Washington li ha fatti, non a caso, liberare. La violenza non ci appartiene, vogliamo solo poter esercitare il diritto all'autodeterminazione».
Pechino accusa la vostra presidente signora Rebiya Kadeer di essere la mandante dei disordini...


«Vogliono negare il malcontento. Per Pechino tutti i disordini sono manovre organizzate dall'estero e pagate con i soldi degli occidentali. L'hanno scorso hanno raccontato le stesse bugie dopo la rivolta dei tibetani di Lhasa».

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