«Il volano della ripresa saranno le grandi opere»

«Il contesto internazionale resta difficile ma il nostro bilancio è la dimostrazione che l’Italia ha le potenzialità per risollevarsi»: l’amministratore delegato di Biis, Mario Ciaccia, crede a una pronta ripresa economica del nostro Paese grazie al volano delle grandi opere. Biis, la controllata di Intesa Sanpaolo dedicata al mondo del public finance, ha chiuso il 2008 con 47 milioni di profitti (più 23,7% a 314 milioni i proventi operativi) e Ciaccia invita a «vivere l’attuale crisi come un vantaggio, come l’occasione per colmare i ritardi del Paese e al contempo ottenere degli ammortizzatori sociali». A partire dalla Lombardia, dove occorrerebbe «una grande società pubblico-privata dedicata allo sviluppo di tutte le infrastrutture».
Quasi una novella Iri?
«Penso a una holding regionale delle reti autostradali, ferroviarie e delle tlc. Comune di Milano, Provincia e Regione hanno interessi convergenti, ci sono imprenditori come Gavio e i Benetton e Biis è pronta a fare da collante. È un’occasione da sfruttare».
Molte banche stanno stringendo i rubinetti del credito, quest’anno Biis quanto è disposta a investire?
«Partecipiamo a numerosi progetti, capaci di muovere un controvalore di 30 miliardi di euro, a sostegno sia delle grandi infrastrutture sia del settore idrico, energetico, della sanità, dell’urbanistica e delle fiere».
Le Borse sono impegnate a decifrare le previsioni economiche di Fmi, Ocse e Confindustria, Biis quali segnali sta raccogliendo dal territorio?
«Il Paese dimostra finalmente un grande desiderio di infrastrutture e Biis ha una grande volontà di esaudirlo. La crisi può essere un momento di svolta affinché l’Italia prenda atto che ha le potenzialità per pianificare uno sviluppo coordinato con vantaggi anche per il Sud».
Il rilancio deve però fare i conti con le risorse a disposizione...
«Occorre un maggiore coinvolgimento della Cdp. Deve poi essere rimodulato il Patto di stabilità europeo guardando alle situazioni regionali. Solo questo accorgimento potrebbe liberare nei bilanci comunali altri 18 miliardi di risorse da investire, di cui 15 miliardi sono residui passivi (in pratica si tratta di somme impegnate ma non ancora spese ndr) mentre 3,2 miliardi sono gli avanzi di bilancio delle amministrazioni virtuose. Poi bisogna evitare gli errori strategici».
Può spiegarsi più chiaramente?
«C’è una dannosa diatriba che vorrebbe anteporre alle grandi infrastrutture le piccole opere nella convinzione che queste abbiano un effetto anti-crisi più immediato. In realtà non è così e anche l’esempio della Spagna è improprio: a differenza dell’Italia, Madrid ha puntato per anni sulle infrastrutture e quindi ora può “sfarinare” le risorse».


Come si evita questo rischio di parcellizzazione?
«Il territorio deve fare sistema così come è avvenuto con la nuova fiera di Milano e bisogna abbandonare i localismi. Sono convinto che anche per l’Expo ci sarà l’accelerazione necessaria».
Eppure finora hanno prevalso le divisioni...
«Se l’Expo sarà un flop sarà perché lo abbiamo voluto».

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