Esther Perel ha il suo studio di psicoterapeuta sulla Fifth Avenue, a New York, a pochi passi dal Museum of Sex. E, forse, le è servito di ispirazione. Perché il suo libro parla di sesso: e, proprio per questo, ha attirato l’attenzione su di lei, psicoterapeuta che da anni aiuta famiglie e coppie, molte delle quali alle prese con una vita erotica ormai appiattita, o dimenticata. L’intelligenza erotica esce oggi in Italia, edito da Ponte alle Grazie e cerca di affrontare quello che, per molti, non è neppure più un problema. È dato quasi per scontato: il sesso è quello dei single di Sex and the city, delle scappatelle, delle adolescenti sempre più precoci. Non è quello delle coppie. Esther Perel si dichiara «idealista» e non ci crede, però aggiunge: forse bisogna ripensare qualcosa. Forse, in camera da letto, è meglio non essere troppo moderni, e tralasciare le regole educate della democrazia: l’uguaglianza a tutti costi, la diplomazia, la ricerca della concordia, in questo campo spesso non funzionano.
Così suggerisce agli ex baby boomers, agli ex rivoluzionari sessuali, di fare un passo indietro. Le due metà armoniose, che non litigano, che non sono mai incrinate da alcun conflitto, dal germe rosicante della gelosia, dalla distanza intollerabile che ti dice: lui è lui e lei è lei, non sono immuni dallo spettro della noia e dell’appiattimento sessuale. Le coppie in cui il potere è una tentazione da cui guardarsi rischiano di cancellare il desiderio che è, per natura, politicamente scorretto. La fantasia è trasgressiva: ha a che fare con l’aggressività, il conflitto, gli istinti, anche quello di sopraffazione. Ha a che fare con ciò che, sul piano affettivo, gli amanti tentano di evitare, perché cercano stabilità e sicurezza.
È la vecchia antitesi fra amore romantico e convenzioni, fra passione (breve) e intimità (duratura) che, secondo la Perel, non va però ricondotta ai «soliti alibi»: i figli, il lavoro, i piatti fa lavare, lo stress. Quelli esistevano anche prima: eppure, a trent’anni dalla rivoluzione sessuale, i suoi eroi si ritrovano intorpiditi. Perciò bisogna ritornare a quella rivoluzione, e imboccare la strada inversa. Non il dialogo, la parità dei diritti, la pretesa di conoscere «tutto» di tuo marito o di tua moglie solo perché, dentro di te, ne hai costruito un’immagine coerente. In fondo, Perel ritorna a un tema molto fenomenologico e molto cristiano: il mistero, l’altro che rimane tale, uno spazio radicale che separa e che non si può annullare. Per fortuna - aggiunge - perché è una risorsa anche per la coppia più sessualmente annoiata: tanto che molti dei suoi pazienti raccontano di aver provato di nuovo attrazione per il partner osservandolo «dall’esterno», magari mentre era impegnato in una conversazione con degli estranei.
Il titolo originale del suo libro è Mating in Captivity, «accoppiarsi in prigionia»: la vita di coppia può essere una gabbia, quella in cui, ricorda la Perel con Lawrence, le «creature selvatiche» e l’erotismo non trovano spazio, perché «la sessualità è uno stato di grazia». La gabbia però si infrange con quelle stesse forze che, normalmente, gli innamorati reprimono: i contrasti, rivissuti sul piano fisico, vengono «erotizzati» e diventano addirittura «desiderabili». Il gusto del rischio sembra incompatibile con il bisogno di sicurezza (tanto da relegarlo, magari, all’altra convenzionalità, quella delle avventure), con le paure che suggeriscono di tenere nascoste fantasie impertinenti. Invece no: l’incertezza è eccitante, e la vulnerabilità inevitabile, perché «il sesso non è mai sicuro». Esther Perel è cresciuta in Belgio, ha studiato in Israele e negli Stati Uniti, conosce otto lingue.
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