Volo: "La paura di morire ti apre gli occhi sulla vita"

Volo: "La paura di morire ti apre 
gli occhi sulla vita"

Roma - Nella vita vera Fabio Volo dice di non sentirsi un «rattenuto», a differenza del personaggio che ha cesellato per Uno su due. La parola «rattenuto» esiste, ma qui assume un significato particolare: sta tra «trattenuto» e «rattrappito», esattamente come ci appare il protagonista del nuovo film di Eugenio Cappuccio. Reduce dal successo di Manuale d'amore 2, dove era un marito in trasferta spagnola alle prese con spermatozoi pigri, il trentaquattrenne bresciano non finirebbe mai di parlare di questa sua quarta prova d'attore. Incarna Lorenzo Maggi, avvocato genovese in carriera steso per strada da una compressione corticale che lo porta dritto in ospedale in attesa di una biopsia chiarificatrice. Lì, mentre l'affare coi russi s'invola e la gerarchia dei valori viene sovvertita, incontra un camionista romano, sfinito da un tumore. L'uomo è rozzo, invadente, però capace di strane attenzioni. Ne nasce un'amicizia. E quando Lorenzo scopre che Giovanni ha una figlia mai più vista che vive in Umbria, non gli resta che partire alla volta di Deruta nella speranza di convincere la ragazza a riabbracciare il padre, prima della fine.
Siamo in zona melodramma, solo che Cappuccio è allergico ai lacrimoni, in fondo anche il titolo, che rimanda alla diagnosi di un medico, può essere letto in una chiave ironico-cinica. Solo uno su due ce la fa. Ma per il regista significa anche altro: «Bisogna approfittare di tutte le chance che ti offre l'esistenza. Certe botte, se non ti schiantano, fanno bene: ti obbligano a riflettere, a riconsiderare le priorità». Gli fa eco l'attore: «La misura è sempre l'uomo, non solo ciò che ti accade. Da un'esperienza negativa può nascere qualcosa di buono. Lorenzo è un uomo prima aggressivo, poi vulnerabile. La malattia lo riassetta. Che poi non è nemmeno una malattia: è un'attesa, un Sabato del villaggio, per dirla con Leopardi».
Scoperto al cinema da D'Alatri che lo volle per Casomai, Volo confessa di aver messo qualcosa di sé nel personaggio. «Tempo fa ho subito anch'io uno shock addizionale. Per una questione di fegato sono rimasto quattro settimane in ospedale. In quei giorni mi arrivò il copione di Uno su due, così i due piani hanno finito col sovrapporsi». Con una differenza, rispetto a Lorenzo: «Non credo di aver bisogno di uno stop, sto bene attento ai miei valori. Ho tanto tempo libero. Rallento velocemente, io». Intanto, però, sta finendo il suo quarto romanzo, conduce una trasmissione radiofonica, impara il francese in vista del nuovo programma per Mtv che da aprile lo porterà a Parigi. «Ottimizzo molto, perché vorrei chiudere presto», sorride, sotto lo sguardo degli altri interpreti: Ninetto Davoli, Anita Caprioli, Tresy Taddei, Pino Calabrese (assenti giustificati Giuseppe Battiston e Agostina Belli).
Prodotto da Beppe Caschetto e Raicinema, con l'aiuto sostanzioso di un fondo di garanzia ministeriale, Uno su due esce venerdì prossimo in 150 copie. Il debutto alla Festa di Roma fu incoraggiante, e chissà che non si ripeta il miracolo al box-office, nonostante l'argomento poco allegro. Del resto, non si rideva nemmeno in Volevo solo dormirle addosso. «I due protagonisti si somigliano», teorizza Cappuccio: «Sia il manager Marco Pressi sia l'avvocato Lorenzo Maggi sono due figli del popolo, due trentenni che si ritrovano di fronte a un gigantesco nodo da sciogliere: morale, esistenziale». Trentenne è anche Volo.

Spesso gli hanno dato del qualunquista, ma lui non ci sta: «Destra e sinistra sono concetti sorpassati. La verità? Tutto ciò che accade in Italia è vecchio. Ho passato qualche mese a Barcellona. Be', la Spagna non è un Paese avanti, è semplicemente moderno. Siamo noi ad essere rimasti indietro».

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