Volontariato e non profit: in Italia cresce la sensibilità

Il 60% delle organizzazioni è concentrato nel Nord. I budget a disposizione

Diego Luigi Marin

Tra gli italiani è l’istituto che gode di maggior credito, più delle Forze dell’ordine e della Chiesa. È il cosiddetto terzo settore, al quale afferiscono associazioni di volontariato, fondazioni e organizzazioni senza fini di lucro che svolgono compiti di complemento alle politiche pubbliche di contrasto all’esclusione sociale e producono beni e servizi per la collettività. Guardando ai trend dell’ultimo decennio, il bilancio appare in sostanziale attivo: oggi il non profit vanta una più elevata capacità operativa e un aumento dei beneficiari, può contare su una diffusione più omogenea sul territorio, su maggiori sinergie con altri soggetti privati e pubblici, e pure su un ampliamento delle aree di intervento e delle specializzazioni.
Accanto al tradizionale impegno in campo socio-assistenziale e sanitario, cresce il peso delle attività in tema di protezione civile e dell’ambiente, a fini culturali, di educazione e promozione sportiva e ricreativa. La quinta rilevazione svolta dall’Istat tra il 2004 e il 2005 sul non profit ci restituisce un settore la cui dimensione economica è più che raddoppiata, dai 675 milioni del 1997 ai 1.630 che corrispondono al budget complessivo del 2003, in parallelo all’incremento delle organizzazioni, aumentate in dieci anni del 152%, da 8.343 a 21.021 unità.
L’indagine evidenzia una crescente polarizzazione, con associazioni formate da gruppi di piccole dimensioni, tuttora prevalenti, e organizzazioni con gestioni strutturate e manageriali; al contempo, emerge una sempre maggiore professionalizzazione con la presenza di operatori remunerati, anche in relazione a una minore disponibilità di figure specializzate tra i volontari. Nel 2003 le organizzazioni di volontariato iscritte ai registri regionali impiegavano circa 12mila dipendenti e 826mila volontari: rispetto alla rilevazione del ’95, un aumento del 77% tra i primi e del 71,4% tra i secondi; in parallelo, il calo del numero medio dei volontari per organizzazione (quasi una su tre ha organici compresi tra 11 e 20 operatori), sceso da 58 a 39. L'atteso ricambio generazionale sembra avvenire con qualche difficoltà, se è vero che la maggior parte di chi presta gratuitamente la propria opera nel terzo settore ha un'età compresa tra i 30 e i 54 anni.
Il volontariato mostra, comunque, un forte radicamento nel Paese, specie nel Settentrione, dove si concentra il 60% delle organizzazioni. Negli ultimi anni il Mezzogiorno ha in realtà segnato un forte recupero, con una crescita superiore al 300% nel numero di unità tra il ’95 e il 2003 in Sicilia, Molise, Basilicata e Campania. Se i settori nei quali agisce la maggior parte delle organizzazioni si confermano la sanità (28%) e l’assistenza sociale (27,8%), entrambe accusano un calo, a fronte di un accresciuto peso delle attività culturali, di protezione civile e dell’ambiente: nel periodo considerato dall'indagine la rispettiva incidenza è salita all’11,7%, al 6,4% e al 4,4%, con incrementi nell’intorno dei 3 punti.
Inalterata, invece, la porzione delle organizzazioni impegnate nell’istruzione, nella protezione dei diritti e nelle attività sportive, mentre ha raggiunto il 7,6% la quota degli altri settori: filantropia e promozione del volontariato, della religione, della cooperazione e solidarietà internazionale, dello sviluppo economico e della coesione sociale.

Rispetto all’ammontare delle risorse, emerge un lieve spostamento verso budget più elevati: calano le organizzazioni con bilanci sotto i 25mila euro (sono circa due su tre), mentre il 21,5% può contare su fondi compresi tra 25 e 100mila euro e il 5,4% su entrate pari o superiori a 250mila euro.

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