Cultura e Spettacoli

Per la prima volta in Italia «I predestinati» di Schreker

L’oblio calato sulla figura del compositore austriaco Franz Schreker (1878-1934), è inesplicabile. Dopo il successo dell’opera Der Ferne Klang (1912, Il Suono lontano) egli fu salutato da uno degli storici e critici musicali più autorevoli del tempo, Paul Bekker, come l’uomo in grado di rinnovare nel Novecento i fasti di Wagner. Possiamo giustificare l’accostamento solo se indirizzato non al sommo Richard ma a suo figlio Siegfried, che ricalcava, non certo col talento paterno, le fiabe del suo maestro Humperdinck (questi, invece, autore di un capolavoro, Hansel und Gretel). Ricordiamoci che a quella data un certo Richard Strauss aveva già composto Salome (1905), Elektra (1909) e Rosenkavalier (1911), che definirle capolavori è riduttivo.
Il successo crescente accordato alle tre opere centrali della produzione di Schreker - Der Ferne Klang, Die Gezeichneten (I Segnati, 1918) e Die Schatzgräber (I Cercatori del tesoro, 1920) - conferirono al compositore un posto di primo piano fra i modernisti dell’ala moderata. Dopo Vienna, Schreker assunse la direzione della Musikhochschule di Berlino, alla quale assicurò un gruppo di docenti che rispondono ai nomi di Arthur Schnabel e Edwin Fischer, Carl Flesch ed Emmanuel Feuermann, Paul Hindemith. Notevole fu anche la sua attività come direttore del Coro filarmonico di Vienna (collaborando alla «prima dell’Ottava sinfonia di Mahler, diretta a Praga da Zemlinsky, 1906), e poi, in veste di direttore d’orchestra, portando al trionfo (mezz’ora di applausi) un’altra pietra miliare: i Gurre Lieder di Schönberg (1913). La stima di compositori come Schönberg e Alban Berg (cui si deve la riduzione pianistica del Ferne Klang) non tardò ad attirargli la violenta ostilità della critica poco incline al Moderno e poi della canaglia antisemita. Tutti bollarono le sue opere come frutti di un’aberrante patologia sessuale. Così, anche Schreker si aggiunse all’illustre e folto elenco dei compositori «degenerati» che furono banditi dal Terzo Reich e, per colmo di ironia e ignoranza storica, non riabilitati dalle avanguardie postbelliche.
Franz Schreker, figlio di un ebreo convertito e di una cattolica, apparteneva, secondo la classificazione - quella sì aberrante - di arianità alla genia dei Mischlinge, i mezzi-sangue. Con la salita al potere di Hitler, il mezzosangue Schreker venne defenestrato. Tolse lavoro ai suoi carnefici morendo, dopo la rimozione, di infarto due giorni prima di compiere 56 anni. I testi si rifanno al meglio della cultura teatrale europea del tempo (Wilde, Wedekind e Hauptmann) «Nelle mie opere - spiegava - creo un mio mondo musicale, in cui tutti i personaggi agiscono in termini musicali, il loro essere è inestricabilmente legato alla materia musicale e muoiono non appena la musica tace. Consideratelo un nuovo e significativo modo di organizzare il teatro musicale come opera d’arte, mettendo tutta la realtà da parte in favore di un’esperienza musicale puramente visionaria». La natura musicale spugnosa di Schreker assorbì il clima della Vienna inizio-Novecento, la città non più di Brahms e Bruckner, ma scossa dalla Secessione e da Freud: l’età di Mahler, di Zemlinsky, di Schönberg e della sua scuola. Torma utile ed encomiabile la scelta del Teatro Massimo di Palermo di presentare i Gezeichneten in prima esecuzione italiana. Spetta ora, dopo l’esperienza esecutiva, la verifica se la musica di Schreker ha retto al tempo.

Il titolo dell’opera - i predestinati - è comunque profetico.

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