New York, giugno 2005
Monsignore,
Lei mi ha commosso. Naturalmente sapevo bene chi fosse il Rettore della Lateranense, il vescovo che ragiona al di là degli schemi e senza curarsi dei Politically Correct. Ma a leggere la Sua intervista al Corriere ho rischiato davvero la lacrimina. Io che non piango mai. E mi sono sentita meno sola come quando leggo uno scrittore che si chiama Joseph Ratzinger...
Il guaio è che sono molto malata. Ormai lAlieno mi divora perfino gli occhi. Medea e i suoi figli ho dovuto dettarlo come Milton che da cieco dettava, mi si perdoni il paragone, La Storia dInghilterra e Il Paradiso Perduto. E questo mi confina a New York... Prigioniera delle chemioterapie e delle radioterapie, non posso allontanarmi.
Ci proverò lo stesso, prima o poi. Tanto più che vorrei parlarLe anche dellimportantissima cosa di cui suppongo sia al corrente... Vale a dire il mio desiderio dincontrare, zitta zitta e lontano da occhi indiscreti, Sua Santità. Sa, è un desiderio che mi accompagna da quando incominciai a leggere i suoi libri. E che non cercai di esaudire subito perché lavoravo giorno e notte a La Forza della Ragione. Poi perché lAlieno si scatenò e non stavo nemmeno in piedi. Dopo, perché stavo completando la Trilogia con Lintervista a me stessa e Lapocalisse. Infatti quando venne eletto Papa feci sì capriole di gioia ma nel medesimo tempo pensai: «Oddio. Ora non potrò più vederlo». E con un sospirone avvilito mi rassegnai... La ringrazio di nuovo. Ripetendo che mi piacerebbe conoscere anche Lei, La saluto caramente..
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