Voto agli immigrati, flop annunciato

Stefania Scarpa

Un flop travestito da successo. È stato questo il voto per i consiglieri aggiunti in Campidoglio e nei diciannove municipi romani svoltosi ieri dalle 8 alle 22. Alla chiusura dei seggi delle ore 22 avevano votato soltanto in 18.109, vale a dire l’11,64 per cento dei 155.534 iscritti. Il picco di interesse nel municipio X con una partecipazione del 15,36 davanti al XVII con il 14,99 per cento degli aventi diritto. Il dato più basso è invece quello dei municipi VIII e XVI con un risultato finale del 7,79 degli iscritti. Cifre piccole piccole, che ingigantiscono soltanto se paragonate, come naturalmente il Campidoglio fa, a quelle delle prime elezioni. Prendiamo il dato delle ore 12: a quel punto i votanti erano solo 5526 (il 3,55 per cento del totale). Ebbene il direttore dei servizi tecnologici del Comune di Roma Carlo Mazzola si è subito affrettato a far notare che nel 2004 a quell’ora alle urne si erano recati in 3049. Ma allora la percentuale era molto più alta (il 9,24 per cento), perché l’elettorato era formato solo dai circa 33mila extracomunitari che avevano fatto richiesta.
Quindi, dov’è la vittoria? Da nessuna parte, come fa notare Alleanza Nazionale, che parla esplicitamente di bocciatura per le politiche di integrazione di Veltroni. «I primi dati sull’affluenza alle urne per l’elezione dei consiglieri aggiunti - dichiarano in una nota i consiglieri comunali di An, Gianni Alemanno, Federico Guidi e Luca Gramazio - sembrano confermare sia in termini di percentuale che di votanti il fallimento di questa esperienza proprio da parte degli stessi elettori extracomunitari». «Ci chiediamo - proseguono i tre consiglieri di An - alla luce di un risultato che rimarrà comunque lontano dalla sufficienza, quanto sia costato al contribuente romano questo ennesimo spot della sinistra: peccato soltanto che i costi di queste elezioni ricadano sul tutti noi e forse sarebbe stato il caso di accorparle con quelle svolte a maggio per il rinnovo del consiglio comunale. E se gli immigrati non si sono recati alle urne perché consapevoli della parzialità dei poteri dei consiglieri aggiunti, sono stati spesi soldi pubblici che non hanno portato ad un alcun risultato se non quello di illudere per breve tempo le comunità straniere presenti in città. Al fallimento della figura del consigliere aggiunto fa oggi quindi riscontro l’insuccesso di questa elezione bocciata proprio dagli elettori extracomunitari». «Ma ad essere bocciata - concludono i tre consiglieri di An - è la politica della sinistra che nel tentativo di egemonizzare il variegato mondo dell’immigrazione ha speculato su di una rappresentanza priva di poteri reali invece di pensare alla risoluzione dei numerosi problemi concreti di tutti i cittadini».
Eloquente del clima in cui si è svolto questo voto fantasma è quanto avvenuto nel seggio di via Petroselli, dove Kaba Lamine Dian, candidato alla carica di consigliere aggiunto al Comune di Roma in una lista si badi bene vicina all’Unione, ha avuto un battibecco con l’assessore capitolino alla Comunicazione e alla Pari Opportunità Mariella Gramaglia. Lamine Dian ha accusato il Comune di «non averci messo a disposizione nessun mezzo per comunicare con gli elettori. Noi oggi siamo qui davanti ai seggi proprio per parlare con loro, che spesso non sanno neppure per che cosa sono chiamati a votare». Pronta la risposta della Gramaglia: «Noi abbiamo fatto tutto quello che era possibile per le nostre risorse. Tutti i giorni abbiamo mandato spot su 13 radio locali, ma anche una campagna di manifesti e “retroautobus” su tutta Roma. Per gli immigrati abbiamo anche messo a disposizione il numero 060606 che, tutti i pomeriggi, dava informazioni in 7 lingue diverse».

Ma Lamine Dian ha incalzato l’assessora: «Per noi non hanno messo a disposizione nessuna televisione locale, nessuno spazio, ci hanno abbandonato a noi stessi e ora, non avendo nostri mezzi a disposizione, ci dobbiamo arrangiare così», ha concluso. «Spesso - ha concluso amara la Gramaglia - le comunità straniere sono difficili da raggiungere, molti vengono addirittura da paesi in cui non hanno mai votato». Ma a pagare anche stavolta sono stati i romani.

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