Il voto è un plebiscito per il Cavaliere: contrari solo 11 su 172

RomaUna minoranza irrisoria, inferiore anche alle conte della vigilia, che consideravano solo i finiani di stretta osservanza. Il documento finale che i coordinatori hanno proposto alla direzione del Pdl è stato approvato con un margine che lascia poco spazio a dubbi. Su 172 aventi diritto, i «no» verbalizzati sono stati undici; una sola astensione, quella di Giuseppe Pisanu. Tradotto, il 93,02% di favorevoli e il 6,39% di contrari. Una percentuale che - avrebbe detto Berlusconi - pone il problema di come Fini possa ancora fare il presidente della Camera.
La sua componente avrebbe dovuto contare su 19-20 voti, ma almeno 8 si sono persi per strada. Alla fine, quelli che certamente si sono espressi contro la maggioranza sono Andrea Augello, Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Cesare Cursi, Fabio Granata, Donato Lamorte, Silvano Moffa, Flavia Perina, Salvatore Tatarella, Adolfo Urso, Pasquale Viespoli. All’appello mancano finiani doc. Il ministro Andrea Ronchi, ad esempio. Ma nel suo caso pare si sia trattato di un errore: è stato escluso dalla conta solo perché l’alzata di mano dei contrari è stata ripetuta tre volte e lui è stato conteggiato solo la prima. Non sono stati visti altri politici vicini a Fini. Per fare qualche nome Benedetto della Vedova, Francesco Pontone ed Enzo Raisi.
«Non abbiamo perso nessuno, anzi - si è lasciato sfuggire il vicecapogruppo del Pdl alla Camera Italo Bocchino - abbiamo guadagnato due parlamentari di Forza Italia», che potrebbero rivelarsi presto. Le defezioni sul fronte finiano - secondo Bocchino - sono dovute alle assenze. La componente «è numericamente molto minoritaria e su questo non c’erano dubbi», ha commentato laconico lo stesso Fini, che difficilmente avrebbe potuto digerire un documento che, di fatto, sconfessa tutte le sue ultime mosse. La direzione conferma «pieno sostegno» e profonda gratitudine» a Berlusconi. Il riferimento al presidente della Camera è lampante nelle conclusioni, dove si dice che «le ambizioni dei singoli non possono prevalere». E si blocca anche quella soluzione intermedia delle correnti che «negano la natura stessa del Pdl». Risposte dirette alle critiche di Fini al Pdl. È la «prima grande forza politica nazionale: questo è vero al Nord, dove ha agito in alleanza, ma anche in competizione con la Lega», ed è vero «al Centro-Sud, dove ha dimostrato di essere radicato».
Il Pdl ha vinto le elezioni, ed è «incomprensibile» che le tensioni si siano accese proprio ora. Va bene la discussione nel partito, ma a condizione che «non si contraddica il programma», si legge nel documento. E in filigrana si vede uno stop alle posizioni assunte da Fini su diversi temi sensibili. L’altra condizione è che una volta assunta una decisione negli organi deputati, «tutti si adeguino al risultato del voto». Un richiamo non solo teorico.

Il documento dà mandato a presidente e coordinatori di «assumere ogni iniziativa» per assicurare «la realizzazione del programma» e delle deliberazioni degli organi statutari, «stabilendo il rispetto delle decisioni votate democraticamente».

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