Carissimo Granzotto, basta un vulcano perché le navi si prendano la rivincita. In Islanda si erutta e il traffico aereo si ferma. E io ci godo. Un secolo fa, quando ero giovane e navigavo sull«Homeric» tra Southampton e Quebec, e quando il San Lorenzo gelava, giù a New York a caricare bella gente per tutti i Caraibi e sino in Venezuela, il mare poteva fare il cavolo che voleva, noi si navigava sempre. Non cera tempesta perfetta che ci potesse fermare: tuttal più ci si scansava di una cinquantina di miglia, ma si andava. E le cabine erano sempre affollate di crocieriste bisognose di aiuto da noi giovani Allievi, le cucine sfornavano le irediddio di incantevoli cibi, con ogni tempo, e sarrivava. Adesso le navi son diventate brutte, delle strane roba piene di container che non si capisce più dovè la prua e dove la poppa, i ponti di comando sembrano una puntata di Star Trek. Ma le belle navi passeggeri, comode, snelle, eleganti, marinare, non ci sono più. Adesso tutti vogliono volare, tutti hanno fretta di arrivare. Se riescono a partire. Perché dipende da come gli gira in Islanda a un paio di sconosciuti vulcani che lavorano allantica: loro eruttano, i passeggeri si fermano, e nessuno parte né arriva. Aridatece un po di «Michelangelo» e di «Raffaello», magari un po di «Homeric», almeno.
Genova
Ah, mi piace questa sua quasi ballata del vecchio marinaio, caro Simonetti. Anche se chi non ha mai fatto una traversata su una nave (un piroscafo, come si diceva) di linea non sa di cosa stiamo parlando. Io ebbi la fortuna di coprire la tratta New York-Napoli a bordo del vetusto ma fascinoso «Vulcania», sarà stato il 1957 o 58. Un viaggio coi fiocchi, tale da farmi dimenticare la pur eccitante andata a bordo di un Dc7, a elica ovviamente, della Lai, Linee aeree italiane: non proprio aviazione pionieristica, però... Ho visto, sa, la sua «Homeric» (è allasta, 2 mila e 400 dollari di prezzo base, un disegno di Carl G. Evers che la ritrae mentre lascia il porto di New York), ed è davvero una gran bella nave, snella, elegante e marinara, come lei la descrive. Ma si rassegni. Non cè vulcano che tenga: le «Homeric» non torneranno a solcare i mari. E come potrebbero, visto che oggi è imperativo andare di fretta? Per volare a New York in otto ore siamo anche disposti ad aspettare una settimana che la nube vulcanica si diradi. Ma non se ne parla nemmeno di spendere quella settimana per coprire, a bordo di un transatlantico, la distanza che ci divide dalla Grande Mela. Il graduale avvicinamento alla meta, che era una componente imprescindibile del viaggio quando lo si faceva da viaggiatori e non come un bagaglio caricato, spedito e scaricato, è diventato un fastidio. Vogliamo essere catapultati, vogliamo arrivare subito. Passare dallinverno di Milano allestate di Buenos Aires il tempo di un sonnellino. Giusto che sia così, chi dice niente, ma i trasvolatori col turbo dovrebbero almeno leggere un libro di qualche grande viaggiatore - La via dellOxiana di Robert Byron, il più bello di tutti - per sapere almeno cosa si perdono. Oggi per mare e lentamente ci si va ancora, per fortuna, in crociera. Ed è ciò che mi appresto a fare partecipando a quella del Giornale in partenza domenica prossima. La Msc «Fantasia», sulla quale mi imbarcherò, non la si può certo definire snella, questo no. Però garantisce spazi, agi, distrazioni e tenuta marina che le «Homeric» non potevano certamente assicurare. E poi, non parliamo della compagnia dei lettori.
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