Politica

Vuole rapire la figlia di un industriale ma al suo posto trova la «carabiniera»

da Reggio Emilia

Tutto come in una fiction. Una banda di rapitori un po' naïf, uno che ci ripensa e avvisa i carabinieri e loro che reagiscono con un piano perfetto. Sostituendo la ragazza da rapire, Barbara Acerbi, 28 anni, con una donna maresciallo che le somiglia parecchio. Lei va ad abitare al posto della giovane che doveva essere portata via, veste i suoi abiti, fa la sua stessa vita e così quando l'ideatore-esecutore va a prenderla trova i carabinieri. Neanche la donna dell'Arma, che era già stata fatta uscire.
Adesso che è finita bene questa storia fa abbastanza sorridere, però è chiaro che se non ci fosse stata la soffiata Barbara sarebbe stata rapita e alla famiglia Acerbi, che possiede una ditta di calcestruzzi a Campagnola Emilia, al confine con la provincia di Modena, sarebbero stati chiesti per davvero i tre milioni di euro.
L'idea del rapimento ai fini di estorsione era venuta ad Alberto Schettino, 26 anni, avellinese residente a Bondeno, frazione di Gonzaga, in provincia di Mantova. Pregiudicato con piccoli precedenti, è un tipo violento. Il 7 agosto aveva appiccato fuoco alla casa della sua ex fidanzata, a Guastalla, per vendicarsi del fatto di essere stato lasciato. Poi si era messo in testa quest'idea del rapimento per sistemare le sue finanze. Si era consigliato con un uomo sulla cinquantina, reggiano, che aveva lavorato per l’azienda della sua vittima designata. «Quella famiglia ha molti soldi», aveva confermato lui stesso, venendo incaricato da Schettino del compito di basista. Un terzo uomo, mantovano, pure sui cinquant'anni, avrebbe dovuto telefonare, da una cabina pubblica, per chiedere i tre milioni. «Dovranno metterli in una valigetta e lanciarli dal ponte sul Po, fra Boretto e Viadana», aveva deciso Schettino. Barbara Acerbi però a fine agosto era in vacanza e questo ha fatto sì che il piano per tre volte venisse rinviato.
Dapprima si è tirato indietro il complice reggiano, poi anche il telefonista («Non è un buon piano», ripeteva), costretto dall'irpino a trasformarsi in basista. Il 27 agosto la svolta. L'uomo che lavorava per l'azienda di Campagnola si fa prendere dal panico e avvisa i carabinieri, che preparano tutte le contromisure.
«Un lavoro minuzioso e complicato - spiega il comandante provinciale dell'Arma di Reggio, colonnello Gianluca Bersella -, fatto di pedinamenti e intercettazioni telefoniche, con una cinquantina di uomini impegnati, mentre il piano dei rapitori andava avanti».
Schettino aveva chiesto la collaborazione di altri due personaggi di Reggio, che dall'inizio avevano rifiutato e dunque usciranno puliti dalla vicenda, mentre con gli altri due aveva pensato ai minimi particolari. Aveva affittato un casolare a Novi di Modena, per tenere segregata la vittima su un materasso e con un po' di viveri, trovati, poi, da carabinieri. Barbara Acerbi vive da sola, ha un fidanzato che ogni tanto andava a trovarla, a Rio Saliceto, paese reggiano pure al confine con il Modenese. «A quello ci penso io», ha detto Schettino in un'intercettazione al telefono, come dire che l'avrebbe indotto a più miti consigli con la violenza.
A casa Acerbi la vita proseguiva come sempre, salvo quel piccolo particolare: che Barbara non c'era più, era stata portata in caserma e sostituita dalla coraggiosa donna maresciallo che avrebbe fatto da esca. Nella notte fra venerdì e sabato scorsi, Schettino ha fatto per portarla via, non ha trovato neanche la sosia ma i carabinieri che l'hanno arrestato.

Aveva il volto incappucciato, una corda per legare la vittima, raso nero per bendarla e uno storditore elettrico in macchina.

Commenti