nostro inviato a Torino
Se anche lOsservatore Romano la promuove, allora vuol dire che la vecchia Mtv, tutta scintillii e glamour, è davvero roba del passato. E che quella nuova merita gli applausi bipartisan di tutto larco costituzionale della critica televisiva. In un editoriale di un mesetto fa, Carlo Bellieni ha elogiato le serie tv e i documentari che la rete dedica alle mamme teenager, come Sixteen and pregnant o Teen mom: «Finalmente qualcuno dice che larrivo di un figlio non è una tragedia». Come spiega lamministratore delegato Gian Paolo Tagliavia: «I nostri obiettivi fondamentali sono la relazione con i ragazzi e la rilevanza della rete». Insomma, qualcosa è cambiato nel mondo Mtv Italia e intanto cè bisogno di una premessa fondamentale. Anzi due. La prima: per due decenni, gli Ottanta e i Novanta, i musicisti più chic e «alternativi» evitavano di «contaminarsi» con Mtv, spesso criticandola pure duramente (e giustamente) come simbolo di evanescenza artistica. Essere «diversi» da Mtv era per molti un motivo di vanto. Già.
Ora, invece.
Alla tre giorni degli Mtv Days di Torino hanno Paul Weller o Patti Smith ossia paradigmi musicali impensabili ventanni fa in un contesto del genere. La seconda premessa: la madre di tutte le reti musicali, una figlia della cultura liberale anglosassone nata a New York il primo agosto 1981 (primo video il simbolico Video killed the radio star dei Buggles) ha anticipato ed evitato leffetto YouTube, che spalma sul web la prima ragione sociale di Mtv, ossia la diffusione di video musicali. In buona sostanza, Mtv è stata sostanzialmente per oltre due decenni un video jukebox acritico, una spietata regolatrice di mode e tendenze, un trampolino indispensabile per qualsiasi musicista volesse il successo, quello grosso. Adesso è un autentico termometro generazionale, meno trend setter e più investigatore. Meno patinato e più reale. Insomma, prima raccontava la musica, ora racconta i ragazzi che la ascoltano e, in una televisione generalista sempre più anagraficamente vecchia, è forse tra le pochissime a farlo. «E allora anche gli artisti con pregiudizi verso di noi, si sono resi conto che invece siamo molto più vicini alla musica di quanto sospettassero». E anche se Tagliavia spiega che «dal 1997 abbiamo capito che i video sarebbero diventati solo comodity e quindi non saremmo rimasti un canale di soli videoclip pure se non fosse esplosa internet», è probabile che YouTube abbia accelerato il processo. Ora Mtv è una grande piattaforma, un network con derivazioni in chiaro, satellitari e web e, esattamente come fa la buona musica, racconta in profondità la generazione cui si rivolge che ora è quella dei ragazzi cresciuti con leuro, con i voli low cost, con i media digitali. E lo fa con le canzoni, ovvio, e anche con serie tv, news e documentari dinchiesta (esemplare Fabri Fibra di In Italia) che hanno una posizione sempre più centrale nei palinsesti. «Daltronde - spiega Tagliavia - già su mtv.it si può accedere alla library con tutti i clip trasmessi nella nostra storia, quindi che senso ha trasmettere in chiaro soltanto video?». E allora largo a serie come Vita segreta di una teenager americana o Sixteen and pregnant, un docureality sulle storie vere di adolescenti incinta, oppure a Jersey shore, che ha fatto discutere perché documenta come si divertono i giovani italo americani. «È obiettivamente parodistica perché loro sono davvero esagerati come si vedono. Ma sono bravi ragazzi, perciò gli americani li amano», dice Tagliavia. Insomma, negli ultimi anni Mtv ha pur sempre supportato i concertoni di Madonna o degli U2 ma ha iniziato a organizzare concertini gratis e dalle superstar ha spostato lattenzione sui ragazzi, che «sono pragmatici e vogliono capire». Perciò il quadro non è sempre patinato o assolutorio. Spesso, certo, emerge il profilo di una generazione di «giovani eroi che hanno voglia di darsi da fare». Ma talvolta, come in The Hills, disegna un quadro post yuppies che può suscitare critiche o, quantomeno, perplessità.
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