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Zoo di Tripoli: 600 animali ostaggio della guerra Il giallo sulla fuga del raìs con 200 camion d'oro

Nella capitale c’è una tragedia nella tragedia: scimmie, gazzelle e anche i 19 leoni di Saadi Gheddafi. Da mesi sono nelle gabbie senza cibo né acqua. Un solo custode è rimasto ad accudirli. Cresce la paura che alcuni degli animali dello zoo possano scappare a caccia di cibo. Caccia al raìs: potrebbe essere fuggito in Niger con 200 camion d'oro

Zoo di Tripoli: 600 animali ostaggio della guerra
 
Il giallo sulla fuga del raìs con 200 camion d'oro

Era uno dei luoghi più amati e pieni di vita della città. Oggi è un cumulo di polvere che si allarga in 110 ettari arsi dal sole, nel quale seicento magnifiche creature sono costrette a languire. La guerra per destituire Gheddafi sta piegando e pietrificando anche loro: gli animali dello zoo di Tripoli. Per questo è scattata ora una mobilitazione in tutto il mondo, Italia compresa, dove le associazioni animaliste Enpa, Lav e Lipu hanno chiesto al governo di farsi promotore di una richiesta di intervento presso la Nato e le Nazioni Unite.

Lo spettacolo è di giorno in giorno più straziante. Il corpo morto di una gazzella riposa accanto a un contenitore di cibo vuoto. Ed è colma d’acqua sporca una fossa, nella quale tre ippopotami fanno ciondolare le teste per abbeverarsi. In città non c’è acqua per le persone, figuriamoci per loro: il personale non può pulire le gabbie più di una volta a settimana. E c’è un leone che, se qualcuno si avvicina alle sbarre che lo separano dal mondo, s’inferocisce ritraendosi in un balzo violento, arrabbiato: terrorizzato. Doveva essere insensibile agli sguardi della gente, una volta: oggi li soffre anche in lontananza.

Sono solo due, finora, gli esemplari uccisi dalla guerra, ma lo scenario pare quello di una piccola apocalisse. Lo zoo si trova nel quartiere di Abu Salim, ex roccaforte di Gheddafi. È qui che circa dieci giorni fa i ribelli si sono fatti strada alla ricerca del raìs, seminando sangue umano nel sole bruciante di fine estate, e facendo testimone inconsapevole della strage anche lei: la fauna selvatica. Un tempo riserva offerta alla curiosità e al divertimento dei cittadini, ma già in cattività, e oggi vittima di una violenza a cui certo era impreparata.
Gli involucri dei proiettili sono sparsi lungo l’intera superficie dello zoo; un lembo di terra sul quale l’erba è diventata nera, a un passo dalla gabbia delle scimmie, mostra lo schianto di un lanciarazzi. Lo spazio delle tartarughe è andato distrutto dagli spari, e adesso al suo posto è una montagnola di rifiuti.

Non c’è cibo e non c’è acqua, dicono i gestori. Ibrahim Basha, capo dello zoo e custode per 24 anni, le conosce bene le creature d’ogni specie che lo abitano: dalle più piccole e dimesse alle più agili e insofferenti alle regole. «Gli animali erano molto nervosi fin dal principio dei combattimenti» ha detto Basha, «perché il suono degli spari era fortissimo». E se oggi la vita degli animali sta marcendo, quel che è certo è che non è mai stata facile. Il direttore dello zoo, Abdel-Fattah Husni, assicura che anche solo nutrirli regolarmente, nella Tripoli di Gheddafi, era complicato, poiché la sua attività era in balia della corruzione e del caos amministrativo. «Il governo non ha avuto a cuore le vite umane» ha commentato Husni «quindi come avrebbe potuto comportarsi nei confronti degli animali?». Lo zoo ha contratto un debito di 1.5 milioni di dollari verso i fornitori di cibo.

Ma Saadi Gheddafi, uno dei figli del raìs, è stato il proprietario di 19 leoni. Dicono che, quando erano ancora cuccioli, Saadi amasse giocare con loro all’interno delle gabbie. E dieci giorni fa, coi ribelli in guerra alle porte dello zoo, Saadi si è recato a trovare il suo Hilal, un leone di appena un anno che vive coi genitori e le sorelle. Tutti imbrigliati in un perimetro d’acciaio e costretti a perdere le loro vocazioni. Saccheggiati infine nella loro dorata cattività.

Abdel-Fattah Husni però non ha dubbi: «Sono loro la mia famiglia».

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