Diplomazie azzurre al lavoro per ricucire lo strappo col Pd

Berlusconi è convinto che il premier non voglia legarsi mani e piedi solo alla sua minoranza Ma l'alleanza con Ncd alle prossime elezioni Regionali rischia di allontanare il Carroccio

Diplomazie azzurre al lavoro per ricucire lo strappo col Pd

I l Nazareno è in coma ma non è morto. Con la benedizione di Berlusconi, che resta ad Arcore con la caviglia gonfia da giorni, gli ambasciatori azzurri continuano a dialogare con pezzi di Palazzo Chigi; il che non vuol dire che il Cavaliere sia pronto a firmare altri patti con il Pd. Berlusconi resta e resterà all'opposizione ma la sua sarà un'opposizione responsabile, dialogante, non preconcetta. In fondo anche come minoranza l'ex premier vuol dire la sua su tutti i punti dell'agenda di Palazzo Chigi. Lo strappo di Renzi sul metodo con cui s'è eletto da solo il capo dello Stato non s'è ricucito ma da qui ad andare alla guerra frontale con il premier ce ne corre. Così, Forza Italia continua a parlare, a confrontarsi e a trattare con gli ambasciatori renziani. Berlusconi pensa che sia meglio non avere un governo profondamente ostile; soprattutto pensa che il premier non voglia legarsi mani e piedi alla minoranza del Pd. In altri termini: anche a Renzi, su alcuni provvedimenti, conviene non peccare di strabismo e guardare solo a sinistra.

Così i canali tra Fi e Pd restano aperti seppur un pelo sotto l'acqua; come una sorta di iceberg la cui punta ogni tanto emerge. L'ultima, ma solo in termini di tempo, è quella sulla politica estera. La linea, quindi, la sintetizza bene l'azzurro Elio Vito: «Forza Italia sull'unità sulla politica estera ci è sempre stata. Ma questo presuppone una condizione: il rispetto. Quel rispetto che è venuto a mancare per la Costituzione, per il Parlamento e per le opposizioni che non possono essere un giorno derise e l'altro richiamate».

Opposizione ma non guerra aperta, insomma. Una linea che si ripercuote anche sulle strategie in vista delle prossime amministrative: dialogo con Alfano e i centristi che del governo fanno addirittura parte. Una contraddizione che viene facilmente digerita in quel di Arcore; molto meno in via Bellerio. Berlusconi non demorde e cerca di far inghiottire il rospo Alfano al riluttante Salvini a forza di «Solo uniti possiamo vincere». Ma con la Lega resta il gelo. All'orizzonte potrebbe esserci l'ennesimo faccia a faccia tra l'ex premier e il leader del Carroccio ma per ora il summit non è nemmeno in agenda.

La pratica è nelle mani degli ambasciatori azzurri, Toti e Bergamini in testa, che sperano di riuscire nella cosiddetta «strategia della cerniera»: mettere insieme Lega, Forza Italia e centristi per le prossime amministrative di maggio. Ma nel Carroccio la freddezza è su temperature polari. Ai leghisti non è piaciuta la riunione di due giorni fa tra centristi e berlusconiani, conclusasi con tanto di comunicato che prefigurava «la possibilità di un accordo politico complessivo che veda, nelle prossime elezioni regionali, le due forze politiche presentarsi nella stessa coalizione, innanzitutto in Campania e Veneto». Il Carroccio deciderà oggi o domani ma fonti leghiste giurano che Salvini non farà marcia indietro rimangiandosi il veto su Alfano; tanto meno accettando l'appoggio degli alfaniani mascherati in liste civiche di appoggio al suo Zaia.

Intanto si racconta di un Cavaliere profondamente amareggiato dall'ennesimo attacco dei pm sul cosiddetto Ruby-ter: ancora una volta inchieste sul nulla per proseguire lo sputtanamento a mezzo stampa.

Un'amarezza che si aggiunge all'altra spina (questa volta politica) nel fianco berlusconiano: il braccio di ferro con Fitto che per sabato prossimo annuncia un bagno di folla a Roma per i suoi «costruttori». L'urlo di battaglia è il solito: «Berlusconi sta sbagliando tutto. Ma non lascio Fi».

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